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Channel: Architettura Ecosostenibile: bioarchitettura, design e sostenibilità
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Le case tipiche delle isole Eolie: sostenibilità e tradizione

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Le case tipiche delle isole Eolie (Lipari, Salina, Vulcano, Stromboli, Filicudi, Alicudi, Panarea), fortemente condizionate da fattori ambientali oltre che dall’influenza dell’edilizia Campana e di quella del Mediterraneo orientale, sono state costruite e si sono evolute nel tempo per garantire un comfort abitativo anche in condizioni climatiche svantaggiose, e in modo da resistere al meglio a terremoti di varia intensità, in un’area caratterizzata da una sismicità piuttosto elevata.

In copertina: foto di Adriano Bacchella

VIVERE SU UN'ISOLA: LE CASE DI PANTELLERIA

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L’orografia di queste isole è caratterizzata da terreni scoscesi, e ciò ha determinato il profilo degli insediamenti a gradoni terrazzati. La struttura della casa eoliana, che si è sviluppata dapprima in verticale tipo torre, e poi in orizzontale, è il risultato dell’adattamento nel tempo al clima locale, alla scarsità d’acqua e al suolo vulcanico che caratterizzano le isole.

Tipicamente le strutture delle case venivano realizzate con un sistema modulare di celle cubiche dal tetto piatto (detto astricu), a cui si affiancavano secondo le esigenze altri elementi cubici indipendenti, che non erano comunicanti tra di loro ma erano aperti sul bagghiu, il terrazzo-cortile caratteristico di queste abitazioni, che era il cuore della casa e il punto d’incontro per la vita sociale della famiglia.

caption: Il bagghiu di un casa eoliana con i biseli, le sedute in muratura. Foto Adriano Bacchella

Il bagghiu tradizionale consisteva in un terrazzo, sempre coperto da un pergolato sorretto dalle pulere – i pilastri tradizionali – sul quale di solito cresceva la vite. Tutt’attorno alla terrazza erano disposti i sedili in muratura, detti biseli e vi era anche un forno a cupola per la panificazione (il furnu); inoltre, al bagghiu, erano raccordati tutti I percorsi che conducevano alla casa, ovvero la cucina, le stalle, l’ovile, la tettoia per il ricovero estivo degli animali, gli essiccatoi per l’uva e per i pomodori, i magazzini e il lavatoio. Il bagghiu era il cuore della casa eoliana perché era lì che la famiglia passava il tempo insieme, il posto dove si mangiava, si lavavano i panni con l’acqua della cisterna, si riposava e si faceva appassire l’uva sui cannizzi.

caption: Il bagghiu di una casa di Panarea. Fonte Adriano Bacchella

caption: A sinistra, una casa tradizionale eoliana situata sulla costa orientale di Panarea. (Foto di Adriano Bacchella); a destra il tradizionale forno eoliano a cupola. ( Foto dell'agriturismo CasaGialla).

La raccolta dell’acqua piovana

Per raccogliere l’acqua piovana, preziosa in un territorio arido e con poche fonti naturali, il terrazzo era impermeabilizzato con il latte di calce mista a sabbia, e veniva costruito con una pendenza minima che permetteva all’acqua piovana di defluire attraverso dei canali in terracotta (detti casulere) che andavano ad alimentare la cisterna posta sotto al calpestio del bagghiu. Sulle casulere veniva spesso inserito un deviatore che faceva in modo che le prime acque canalizzate, sporche di polvere, foglie ed insetti, venissero scartate e non entrassero nella cisterna.

Isolamento termico e antisismicità degli edifici

Le fondamenta delle case venivano realizzate in blocchi di pietra lavica massiccia, mentre i muri erano di solito in pietra pomice, e il tufo veniva usato per la pavimentazione dalla terrazza: grazie all’utilizzo di questi materiale ad elevata inerzia termica l’edificio era adeguatamente isolato dal freddo invernale e soprattutto dalla calura estiva, per via della lenta escursione termica delle pietre laviche con cui erano costruite le pareti.

Inoltre il pergolato che ombreggiava il bagghiu attenuava il caldo torrido delle estati riparando anche gli interni della casa dai potenti raggi solari.

Per via della scarsa quantità di vegetazione a fusto alto si ha un ridotto utilizzo del legno nell’edilizia, le coperture delle abitazioni erano tuttavia realizzate in travi di legno dispose a 40 cm l’una dall’altra, e sulle travi veniva disposta una stuoia di canniccio  ricoperta a sua volta da uno strato di pietrame piuttosto fine e isolato con malta pozzolanica e calce, battuto per rendere il tetto impermeabile. Il tetto era così leggero e friabile rispetto alla massa solida dei muri: la diversa risposta che i muri (pesanti) e il tetto (leggero) hanno se sottoposti a vibrazioni ha fatto si che le abitazioni resistessero  alle frequenti sollecitazioni sismiche a cui sono sottoposte le isole eolie.

Orientamento delle case

L’orientamento delle case veniva scelto sia per ragioni di sicurezza, ovvero per avvistare in anticipo eventuali pericoli di attacchi via mare e cambiamenti climatici, ma anche per ragioni di confort abitativo (come per ripararsi dai forti venti di tramontana) e per sfruttare al meglio la ventilazione naturale all’interno degli ambienti: per questi motivi si prediligeva l’esposizione verso sud e a ponente, con la facciata principale sempre rivolta verso il mare.

Per evitare che i venti freddi entrassero in casa e per avere una migliore esposizione ai raggi solari, le aperture delle abitazioni erano poche e piccole, di solito orientate a mezzogiorno e a levante, mentre gli altri lati erano ciechi, fatta eccezione per la cucina che richiedeva un ricircolo d’aria maggiore rispetto alle altre stanze.

L’intonaco naturale da materiali locali

L’intonacatura a calce bianca, oggi popolare sulle isole insieme agli altri colori pastello che caratterizzano le abitazioni eoliane, è sopraggiunta solo negli ultimi anni: l’intonaco tradizionale poteva essere o di colore grigio, ottenuto da una miscela di pietra vulcanica con poca calce (che era costosa perché importata dalla Sicilia), oppure giallo ocra come a Panarea, e veniva creato mescolando la calce con l’ossido di magnesio depositato dalle fumarole della Calcara, una spiaggia a nord dell’isola.


Da fattoria a galleria d’arte: ricostruire nel costruito

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Nella grande fattoria Barn, in Inghilterra, lo studio di progettazione Stonewood Design ha previsto un intervento di ripristino del fienile e della casa, ripulendo la struttura dalle stratificazioni della storia e riportando la tenuta alla conformazione originaria. L’edificio, risalente al XVII secolo, fa parte di una vecchia tenuta nel Cotswolds, una regione rurale dell'Inghilterra meridionale nota per le sue case in pietra calcarea e paesaggi pittoreschi. Il complesso, costituito in origine da un insieme di parti frammentate, è stato reso unico creando una connessione e una continuità tra granaio e galleria.

PIETRA E LEGNO PER IL RECUPERO DEL JONAŠ BARN

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L’intervento contemporaneo si distingue dall’impianto originale per l’uso di materiali differenti: la quercia chiara e il vetro di costruzione hanno lo scopo di staccarsi dalle pareti di pietra e dalle capriate in legno scuro a vista che caratterizzano il vecchio fienile, considerato come uno dei migliori esempi di architettura tradizionale da salvaguardare.

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Il committente aveva chiesto ai progettisti di prevedere, all’interno del granaio, per natura un ambiente caldo, secco, leggero e chiuso ermeticamente, uno spazio per ospitare collezione d’arte, quadri e acquerelli. Il granaio è diventato nella mente degli architetti lo scenario ideale per concepire un telaio dove installare una galleria d’arte, denominata la Galleria Pod. La struttura in legno prevista, leggera, si inserisce tra le mura, il tetto e il pavimento originari con pochi punti di contatto, dando l’impressione al visitatore di trovarsi in presenza di una nave racchiusa nel suo arsenale. Creando un ambiente reversibile e smontabile, i progettisti hanno immaginato che la struttura possa subire nuove trasformazioni future senza pesanti interventi.

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Grazie a questa strategia molto “discreta” di approccio all’esistente, le autorità locali per la conservazione non hanno avuto nulla da eccepire rispetto al progetto di restauro, approvando speditamente l’intervento. Porte e finestre originarie nel fienile sono stati sostituite con delle feritoie tradizionali e la muratura esterna è stata ricucita ove necessario. Le vetrate nella galleria sono in linea con le aperture originali e danno una vista sia interna che esterna della struttura. Il timpano del vecchio fienile è vetrato e si affaccia sul granaio.

L’effetto voluto di continuità tra le due parti permette dall’abitazione di abbandonarsi alla contemplazione della galleria come se si fosse di fronte a un paesaggio: dal granaio, il fienile sembra quasi il proseguimento di una navata di una chiesa. Dalla casa osservo l’arte. Il resto del fienile sarà utilizzato per esporre grandi opere d’arte, visibili dall'interno della galleria, o come spazio per il cavallo dei clienti. Scongiurata l’idea di un usuale “maquillage" della struttura, quello utilizzato nella fattoria Barn può essere un valido metodo per riportare in vita manufatti così preziosi e convertirli a nuovi usi.

Golfo di Riga: una passerella in legno come lungomare

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Alla ricerca di una nicchia tra le città turistiche, il comune di Saulkrasti in Lettonia ha deciso di puntare tutto sul suo magnifico lungomare che dà sul golfo di Riga attrezzandolo per attività ricreative e sportive. Nasce così il parco costiero firmato dagli architetti Substance a collegamento tra la cittadina e il mare. La vista aerea mostra l’elemento chiave della zonizzazione dell’area: una lunga passerella di legno con una ventina di triangoli poggiati sulla sabbia. Simili alle fortificazioni storiche, le pedane terminano in cunei dagli angoli taglienti rivolti verso l’esterno, contro le onde del mare. 

LE ISOLE DI LEGNO TRA BARCELLONA E VALENCIA

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Tra spiaggia e foresta

Premiato del prestigioso Design Award 2014, è un magnifico esempio di waterfront realizzato e voluto dall’amministrazione pubblica che ha pensato al turismo come strumento territoriale e sociale per lo sviluppo dell’aerea. Il lungomare si affaccia sul Golfo di Riga e copre un territorio di circa 10.000 mq. Tra dune primarie e secondarie si sviluppa un territorio pianeggiante. Essendo molto vicino al mare, come anche alla foresta, si può godere del profumo dei boschi, delle ombre scure durante il giorno e dei mille colori del tramonto. La località conserva intatti i valori di autenticità e sostenibilità.

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Il turismo esperenziale, il nuovo segmento di mercato che l’amministrazione pubblica vuole attirare, è coerente con la vocazione del territorio lettone. A causa della crescente offerta turistica, la riduzione di prezzi dei voli e l’internazionalizzazione digitale, ai turisti non basta più offrire tranquillità̀ e un bel contesto naturale… è necessario regalare loro il fascino ineguagliabile di un’esperienza emotiva da condividere e ricordare!

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Passerella e arredi in legno

Anche se il legno è un materiale low tech che necessita periodica manutenzione, ha il potere di creare un'atmosfera indimenticabile. Caldo, leggero e facile da usare, risveglia tutti i sensi: l'odore del legno ricorda le calde giornate estive e ci fa sentire più vicini alla natura. È scelto dagli architetti non solo come elemento chiave dell’intervento, ma anche per gli arredi, le panchine, le rastrelliere per biciclette e i cestini. Come materiale decorativo, ogni tavola ha una sua estetica e offre diverse sfumature durante la giornata. 

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Punti di uscita delle passerelle

Gli architetti Substance sono riusciti a valorizzare le qualità del golfo e migliorare l’accessibilità dell’area, definendo un posto suggestivo e romantico. Le piazzette sulla sabbia  invitano turisti e residenti ai vari eventi d’intrattenimento organizzati annualmente, in contemporanea agli spiaggianti sui lettini o agli ammiratori del meraviglioso tramonto lettone. La "matrice" lineare è costituita da assi con diversa inclinazione e gli unici elementi in acciaio sono gli attrezzi per le attività sportive. I progettisti consapevoli dell’imprevedibilità e capricciosità del mare, da completamente sereno a ondeggiante, hanno considerato il facile deterioramento della struttura lignea. Così configurano i punti di uscita sulla spiaggia come cunei contro le onde del mare. Sarà comunque necessaria una periodica manutenzione per impedire il deterioramento dovuto agli attacchi biotici (funghi, batteri e insetti) e abiotici (vento, sole, acqua e sostanze chimiche).

Varie attività nel parco

Anticipando le molteplici esigenze di residenti e turisti, il "Sea Park" crea un nuovo centro di attrazione a Saulkrasti: mentre i genitori nuotano in mare o usufruiscono della zona fitness, i bambini possono divertirsi nel parco giochi. Dal percorso lineare si aprono alcune piazze pavimentate e due campi di beach volley con piccole terrazze, spazio fitness all’aperto, aree gioco  e docce sulla spiaggia. 

Quartiere Weingarten a Friburgo: un modello di riqualificazione sostenibile

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Con il termine Riqualificare si intende “rendere qualcosa qualitativamente migliore” ed è proprio questo che sta accadendo in una vasta area di Friburgo, in Germania, grazie ad un progetto avviato nel 2007. Nel giro di poco più di 10 anni infatti, l'area Ovest del quartiere Weingarten sarà completamente riqualificata dal punto di vista energetico grazie al piano “Weingarten 2020 che ha come obiettivo la riduzione dei consumi di energia e vuole porsi come modello per la futura riqualificazione della città.

In copertina: foto © Johannes Vogt, Mannheim / Sto AG, Stühlingen

FRIBURGO TRA I 6 MODELLI DI CITTÀ DEL FUTURO

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Quello per il Weingarten di Friburgo è un progetto ambizioso che non si limita ad intervenire puntualmente sui singoli edifici ma coinvolge l’intero quartiere e soprattutto agisce sia sul patrimonio edilizio, elevando le prestazioni di involucro e impianti, che sulla rete di approvvigionamento di energia, migliorandone l’efficienza: un approccio integrato che va ben oltre i principi del 5° Programma di Ricerca Energetica del Governo tedesco a cui si ispira, ovvero trasformare i risultati di ricerca in progetti in grado di verificarne l’applicabilità, l’efficienza e la futura commerciabilità.

Simbolo dell’operazione è il grattacielo di 16 piani situato al numero 50 di Bugginger Strasse; l’edificio, completamente trasformato in modo da raggiungere gli standard di casa passiva, costituisce il progetto pilota del piano: primo ad essere realizzato, permetterà il miglioramento degli interventi successivi, soprattutto in termini di soluzioni tecnologiche e abbattimento dei costi.

Quartiere Weingatren: la situazione di partenza

 caption: © Fraunhofer ISE

Il progetto di riqualificazione interessa un’area quasi esclusivamente residenziale in cui la maggior parte degli edifici, quasi tutti di proprietà della società di costruzioni Freiburger Stadtbau GmbH, sono stati realizzati negli anni Sessanta grazie ad interventi di edilizia sovvenzionata. Un design semplice ma efficiente, concepito per soddisfare un’elevata domanda abitativa in tempi rapidi e a costi contenuti, caratterizza le due tipologie edilizie predominanti ovvero 4 torri di 16 piani ed edifici in linea di 4 e 8 piani aggregati ad U in modo da formare una corte aperta destinata a verde.

Oltre alle case a schiera realizzate negli anni 2000 per far fronte ad una nuova richiesta di alloggi, nel quartiere sono presenti anche alcuni edifici pubblici come una scuola, un asilo, la chiesa protestante, la Facoltà di Scienze Applicate e alcuni negozi di vendita al dettaglio.

Il fabbisogno di riscaldamento, ad eccezione di alcune abitazioni con impianti autonomi, è soddisfatto tramite una rete di teleriscaldamento (4 linee che coprono, oltre alla parte occidentale, anche altri due quartieri limitrofi) alimentata da due impianti di cogenerazione, ognuno con una potenza termica di 7,27 MW, e tre caldaie da 10,11 MW di potenza ciascuna.

Obiettivi e tempistiche della riqualificazione  

 caption: foto da www.freiburg.de

La pianificazione è iniziata nel 2007 per i grattacieli di 16 piani e nel 2009 per gli altri blocchi in linea mentre i lavori di riqualificazione, partiti nel 2010 con il progetto pilota, si protrarranno fino al 2018. Il successivo monitoraggio dei risultati consentirà di verificare l’efficacia delle misure adottate: l’obiettivo è portare l’attuale consumo di Energia da 21,6 GWh a 14,5 GWH con una riduzione del 32%.

I principali interventi sul patrimonio edilizio consistono in:

  • Riqualificazione secondo standard passivi dell’intero patrimonio immobiliare della Freiburger Stadtbau, con un fabbisogno per riscaldamento e acqua calda sanitaria di 40 kWh/mq per edifici selezionati e di 60 kWh/mq per tutti gli altri;
  • Riqualificazione della scuola Adolf Reichwein per un consumo stimato di 60 kWh/mq;
  • Ristrutturazione della chiesa protestante.

Un progetto parallelo è stato inoltre intrapreso dalla Freiburger Stadtbau per informare i cittadini sui benefici di una casa passiva e per illustrare loro, tramite visite a domicilio, le norme comportamentali finalizzate al risparmio di energia.

Il Prototipo di Bugginger Strasse 50

 caption: foto da www.freiburg-future-lab.eu

Grazie al progetto pilota dell’edificio di 16 piani lungo Bugginger Strasse si è potuto realizzare il primo grattacielo passivo di Friburgo che, con i suoi 45 metri di altezza, è ritenuto l’emblema del piano “Weingarten 2020”.

Una ristrutturazione totale ha interessato non solo l’involucro e gli impianti ma anche la distribuzione planimetrica dei singoli appartamenti, in un’operazione in cui solo lo scheletro dell’edificio è rimasto intatto. Il piano terra, dove si trovano la portineria e una sala comune per le riunioni di condominio, svolge il ruolo di catalizzatore delle relazioni sociali insieme all’adiacente centro di quartiere e ad alcuni negozi.

caption: foto da www.heinze.de

Le logge, che scandivano la facciata dagli anni 60, sono state inglobate all’interno dell’edificio con conseguenti vantaggi sia dal punto di vista termico, grazie all’eliminazione dei ponti termici, sia dal punto di vista economico. Con il nuovo layout infatti, la superficie abitabile è passata da 7200 mq a 8200 mq; ogni piano ospita 9 appartamenti rispetto ai 6 della configurazione iniziale per un totale di 139 alloggi. Tale scelta progettuale ha però generato anche diverse problematiche, in particolar modo di illuminazione: ogni unità abitativa infatti, affaccia solo su un fronte ed è profonda 9 m; inoltre i balconi, inseriti con la ristrutturazione, creano ulteriore ombreggiamento. Tramite un software apposito numerose simulazioni per ogni tipologia di camera (la tipologia varia in base a dimensioni e asse di orientamento) hanno permesso il dimensionamento delle superfici trasparenti di ciascun ambiente nella condizione più sfavorevole. Per soddisfare i valori minimi del fattore medio di luce diurna è stato necessario inserire ampie vetrate mentre l’aggiunta di schermature solari è risultata indispensabile al fine di garantire un adeguato comfort nel periodo estivo.

Risultati estremamente performanti dal punto di vista dell’isolamento termico sono stati ottenuti grazie agli interventi sull’involucro. Un sistema composito di 20 cm in facciata ha consentito il raggiungimento di valori di trasmittanza (U) compresi tra 0,17 e 0,20 W/mqK mentre nei punti in cui la mancanza di spazio non rendeva possibile l’inserimento di materiali isolanti di adeguato spessore è stato utilizzato l’aerogel, una schiuma poco ingombrante e con conducibilità termica molto bassa. Lana minerale è stata applicata sia all’intradosso dei locali non riscaldati delle cantine (U= 0,25/0,30 W/mqK) che in copertura (U=0,21 W/mqK ) mentre per le superfici trasparenti, sono stati utilizzati infissi con triplo vetro, intercapedine con argon e telaio con distanziatori in acciaio e guarnizioni isolanti (Uw = 0,6 W/mqK).

Interessanti soluzioni sono state adottate per eliminare o ridurre al minimo i ponti termici. In particolar modo per l’inserimento dei nuovi balconi è stato utilizzato un giunto isolante e autoportante che separa termicamente gli elementi costruttivi a sbalzo impedendo fenomeni di condensa e muffa. 

Un impianto fotovoltaico di 26 KW di picco posto sulla copertura piana dell’edificio copre il 10% dei consumi di energia elettrica mentre l’ipotesi di utilizzare moduli fotovoltaici in facciata, valutata in fase progettuale, è stata scartata dato lo scarso rendimento causato dall’ombra degli aggetti e perché economicamente troppo onerosa.

caption:© Markus Löffelhardt

L’inserimento dell'impianto di ventilazione ha richiesto notevoli sforzi, soprattutto dal punto di vista tecnico. Necessario per l’areazione dei bagni ciechi e per il comfort termo-igrometrico degli ambienti, è stato realizzato con una soluzione in genere adottata per gli edifici destinati ad uffici, ovvero un sistema di ventilazione meccanica con recupero di calore. Con esso l’aria viziata è estratta dai locali di servizio (bagni e cucine) mentre l’aria pulita, prelevata dall’esterno e precedentemente filtrata, è immessa nei così detti “locali nobili” ovvero zona giorno e camere da letto. Nel periodo invernale uno scambiatore di calore ad alta efficienza a flusso incrociato recupera l’energia termica dell’aria estratta dall’appartamento e assicura il preriscaldamento dell’aria di rinnovo. Sebbene per le condotte di aspirazione ed immissione dell’aria siano stati utilizzati cavedi preesistenti, i costi totali dell’intervento sono stati piuttosto alti tanto che per la riqualificazione degli altri edifici era in fase di studio un sistema di ventilazione diverso, da installare direttamente in facciata.

L’ottimizzazione dell’impianto di teleriscaldamento, grazie all’inserimento di un sistema di accumulo che consente un’alimentazione più uniforme e minor costi di gestione, sommato agli altri interventi effettuati hanno portato ad un abbattimento dei consumi di riscaldamento dell’80%, passando da 86 KWh/mq a 15 KWh/mq.

I costi di ristrutturazione sono stati 13,4 milioni di euro ovvero 1680 euro a metro quadrato; la durata dei lavori è stata di circa 18 mesi, periodo in cui alloggi sostitutivi sono stati messi a disposizione degli inquilini dalla società di costruzioni.

Architettura sull'acqua: 5 esempi sostenibili

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Vivere sull’acqua è sempre stato un desiderio insito nella natura umana, nei secoli molti popoli indigeni hanno adottato soluzioni abitative galleggianti per proteggersi dalle fiere o dalle piogge incessanti e rimanere a contatto con la natura incontaminata, vicino alle fonti di sostentamento. Come dimostrano questi 5 progetti, l'architettura contemporanea ha saputo rispondere in modo molto particolare a questo ritrovato bisogno di abitare sull'acqua.

Scuola galleggianti in  Nigeria: Le Makoko Floating School

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Al giorno d’oggi si sta sempre più pensando a differenti modi d’abitare, indipendenti dalla terraferma e legati alla sostenibilità ambientale, per la risoluzione di un problema reale come l’aumento della popolazione mondiale e la diminuzione di cibo.

Cinque progetti di architettura sostenibile sull’acqua, dal più piccolo al più grande, da una casa a una città, dimostrano come una tale soluzione si possa adattare a ogni scala, forma, esigenza.

LA CASA SULL'ACQUA

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La casa Waternest di Giancarlo Zema Design Group è una dimora galleggiante con un diametro di dodici metri e un’altezza di quattro; cento metri quadrati per ospitare comodamente quattro persone e produrre energia pulita sufficiente per coprire i consumi, grazie ai pannelli fotovoltaici presenti sulla copertura. La struttura portante è in alluminio e legno lamellare riciclati, gli arredi interni sono ecologici e l’impianto di micro-ventilazione è del tipo a basso consumo. Grazie all’uso di materiali sostenibili, l’abitazione è riciclabile fino al 98%.

LA FATTORIA SEMI SOMMERSA

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Bloom è uno dei più interessanti progetti di fattoria che ondeggia sull'acqua, presentato dagli architetti parigini Sitbon Architectes. Si tratta di una sfera semisommersa ancorata al fondale, del diametro di quarantacinque metri, in grado di produrre fitoplancton, cioè microorganismi che assorbono CO2 e, attraverso la fotosintesi, restituire ossigeno. Può, inoltre, monitorare il livello dei mari in caso di tsunami e avere tutte le attrezzature necessarie per desalinizzare l’acqua marina, producendo acqua dolce per il consumo domestico.

IL PARCO SUL FIUME

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Nel Parco di Rotterdam, in Olanda, la Recycled Island Foundation ha pensato di avviare un progetto per la ripulitura dai rifiuti del fiume Nieuwe Maas, con un macchinario che trasforma la plastica recuperata dalle acque in piattaforme esagonali galleggianti, dove far crescere piante e fiori. Il lato sommerso dell’isolotto serve da appiglio per alghe, piante acquatiche e molluschi; in questo modo si realizzano piccole oasi di verde sfruttando il materiale plastico, impedendogli di raggiungere il Mare del Nord, inquinandolo.

IL QUARTIERE GALLEGGIANTE

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Per uno dei porti più antichi di Amsterdam, Houthaven, è stato progettato un eco-quartiere galleggiante carbon neutral, composto da abitazioni, negozi, scuole, spazi per l’assistenza sanitaria e per il tempo libero. Una serie di penisole che, dalla terraferma, si estendono verso il mare, ospitano gli edifici autosufficienti dal punto di vista energetico, perché dotati di impianti solari, fotovoltaici e minieolici.

LA CITTÀ COME UNA NAVE

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Inizia nel lontano 1995 il progetto americano della Freedom Ship, una mastodontica nave alta venticinque piani e lunga un miglio, una vera città galleggiante in grado di ospitare cinquantamila residenti. Negozi, abitazioni, scuole, ristoranti, giardini, un aeroporto, la mega struttura può sfruttare il moto ondoso, l’energia del sole e del vento per essere autosufficiente. Per gli elevatissimi costi di costruzione e la crisi economica alle porte, il progetto fu abbandonato all’inizio degli anni 2000.

Certificazione energetica degli edifici residenziali

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Il nuovo manuale della Dario Flaccovio è dedicato alla procedura di calcolo per sviluppare un Attestato di Prestazione Energetica così come richiesto dalla normativa vigente: la procedura di calcolo utilizzata per la certificazione ed il progetto energetico è definita dalla UNI TS 11300.

TUTTO SU EFFICIENZA E CERTIFICAZIONI ENERGETICHE 

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L’esempio riportato e approfondito tratta la casistica della certificazione per un intero edificio residenziale e e porzioni di esso costituite dai singoli appartamenti (unità immobiliari), caso assai comune nel panorama edilizio del nostro paese.

Il manuale, nel primo capitolo dedicato a “La certificazione energetica e metodologie di calcolo”, espone la procedura per sviluppare i calcoli necessari a determinare il valore dell’IPE di un edificio residenziale. Si comincia dalla determinazione delle caratteristiche geometriche e termiche dell’involucro edilizio e delle caratteristiche dell’impianto di climatizzazione, per giungere alla determinazione dell’Indice di Prestazione energetica e alla redazione del documento che oggi è noto come APE. Sono introdotti diversi concetti necessari per la redazione dell’Attestato di Prestazione Energetica: trasmittanze termiche dei componenti edilizi opachi e vetrati e dei ponti termici, scambi termici per trasmissione e ventilazione, fabbisogni energetici ed apporti gratuiti, rendimenti d’impianto, fabbisogno di energia primaria, indicatori energetici etc…

Nel secondo capitolo che dà le definizioni e le indicazioni sugli elementi di base per la redazione del progetto, viene sviluppato un esempio di certificazione energetica di un edificio residenziale esistente: l’esempio è simbolico ma rappresenta la situazione di gran parte del patrimonio immobiliare sul territorio italiano, in quanto è stato concepito partendo dalle caratteristiche di edifici costruiti in Italia negli ultimi decenni, senza una particolare attenzione all’isolamento termico dell’involucro edilizio e al rendimento dell’impianto termico, utilizzando materiali ed impianti di larga diffusione nel mercato edilizio nazionale.

Nel capitolo terzo dedicato alla Descrizione delle strutture edilizie dell’edificio” vengono descritte non solo le caratteristiche delle strutture edilizie che compongono l’involucro edilizio, ma anche le indicazioni circa il posizionamento delle strutture stesse.

Al quarto e conclusivo capitolo del manuale, Calcolo della prestazione energetica dell’edificio per la climatizzazione invernale”, è sviluppato il calcolo dell’EPI e dell’IPE di un edificio residenziale, finalizzato a redigere l’APE ai sensi del D.Lgs 192/2005 e del D.L. del 04/06/2013. Sono riportati nel testo tutti i riferimenti legislativi aggiornati, riferiti  al tema dell’APE e mediante tabelle, schemi grafici e formule opportunamente descritte. Nel manuale vedrete che c’è spesso una comparazione tra i dati calcolati manualmente ed i risultati ottenuti tramite il software dedicato, conforme al D.P.R. 59/09, e rilasciato dal Comitato Termotecnico Italiano . Questo a dimostrazione che il software -qualunque esso sia-  ha un suo margine di credibilità in base ai risultati prodotti, ma se non si ha cognizione dei dati di input nel programma di calcolo si possono quasi certamente ottenere risultati falsati. Un tecnico esperto quindi, dovrà essere in grado sia di utilizzare una procedura manuale che una computerizzata.

Troverete il manuale assai comprensibile sia per i tecnici più esperti, che ne potranno comunque trarre utili spunti per migliorare le procedure di calcolo e aggiornarsi sulle normative sul tema dell’attestato di prestazione energetica, sia per chi con l’APE si è sempre e solo affidato ai software bypassando del tutto il calcolo manuale e il significato di quei complessi calcoli.

Una sezione in particolare è stata dedicata a quello che è il VAN (valore attuale netto) ed il tempo di ritorno dell’investimento per migliorare le prestazioni energetiche di un immobile.

Se si dovesse dare una breve definizione sul vantaggio di avere questo manuale si potrebbe dire che esso è un aggiornato e approfondito testo sulla certificazione di edifici nostrani esistenti, che talvolta fanno parte di un patrimonio storico che necessita di essere vagliato nel suo consumo di energia per avere un’idea su come migliorarlo!

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Scheda tecnica del libro

Titolo:  Certificazione energetica degli edifici residenziali - Sviluppo analitico e calcolo manuale della prestazione energetica secondo la norma UNI TS 11300 e redazione dell'APE
Editore: Dario Flaccovio Editore – collana Energia
Pagine: 301
Data pubblicazione: Giugno 2015
Autore: Antonio Mazzon
ISBN: 9788857904481
Lingua: Italiano 

Autore

Antonio Mazzon: Ingegnere progettista - Energy Manager e Coordinatore del Gruppo Energia e Mobilità Sostenibile del Comune di Palermo, dottore di ricerca in Fisica tecnica ed esperto in materia di risparmio energetico e della tutela dell’ambiente. Ha ricoperto i ruoli di Commissario nelle seguenti Commissioni del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio: Valutazione d’Impatto Ambientale (V.I.A.), Ecolabel Ecoaudit, Scuole EMAS/ECOLABEL. È stato inoltre componente di gruppi di lavoro per la redazione dei criteri Ecolabel presso la Commissione Europea e consulente per altre Amministrazioni Pubbliche. Ha svolto attività di progettista di interventi di riqualificazione energetica degli edifici, di impianti solari termici e fotovoltaici, finanziati dall’Unione Europea nel campo del risparmio energetico, della promozione delle risorse energetiche rinnovabili e della mobilità sostenibile. È autore e coautore di pubblicazioni a carattere scientifico e divulgativo, prevalentemente nel settore delle energie rinnovabili e del risparmio energetico con contributi anche su riviste specializzate internazionali.

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Raffrescamento estivo: costruire sostenibile nei climi caldi

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Negli ultimi anni sono stati fatti grandi passi avanti per il risparmio energetico delle abitazioni, specialmente nel periodo invernale, ma nelle zone caratterizzate da climi caldi i consumi energetici sono da imputare maggiormente al raffrescamento estivo.  Quali sono i riferimenti normativi e i parametri per una corretta progettazione in queste zone climatiche?

SISTEMA DI RAFFRESCAMENTO RADIANTE A PAVIMENTO: COME FUNZIONA?

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Sono stati studiati e adottati innumerevoli sistemi di isolamento e tecnologie innovative per gli impianti di riscaldamento per le costruzioni che devono resistere ai climi più rigidi: cappottature di differenti materiali (EPS, fibre di legno, lane sintetiche, lane naturali) e impianti di diversa concezione (sistemi radianti, pompe di calore ad aria, geotermia, solare termico).

L’adozione di impianti di riscaldamento e  sistemi di isolamento porta un ingente beneficio in termini energetici ed economici: basti pensare che, per esempio, nella città di Trento, il fabbisogno energetico per il riscaldamento invernale è pari al 95% del fabbisogno totale annuo.

Il risparmio viene notevolmente ridotto o addirittura quasi annullato quando si considera Palermo, dove il 70% del fabbisogno energetico totale annuo è invece da imputare al raffrescamento estivo (fonte: atti convegno Promolegno, Napoli 2011). 

Evidente quindi come per raggiungere l’obiettivo di “edifici a energia quasi zero” sia d’obbligo non fermarsi allo studio del solo comportamento invernale.

PARAMETRI TECNICI PER IL COMPORTAMENTO ESTIVO

La norma italiana, in particolar modo si fa riferimento al DPR 59/2009, per lungo tempo ha normato i parametri utili a definire il comportamento invernale, trascurando il lato estivo. Con il D.Lgs. 192 si sono poi andati a definire i valori minimi di trasmittanza degli elementi, in riferimento alle diverse zone climatiche.

Le indicazioni che le normative forniscono in riferimento al comportamento estivo si riducono a tre punti fondamentali:

  1. Il valore della massa superficiale superiore a 230 Kg/mq;
  2. Il valore del modulo di trasmittanza termica periodica Yi,e inferiore a 0,12 W/mqK
  3. Relativamente agli elementi opachi orizzontali il valore del modulo di trasmittanza termica periodica Yi,e inferiore a 0,20 W/mqK.

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La massa superficiale, valutabile anche in termini di capacità termica areica, influisce sul comportamento estivo dell’edificio in quanto fornisce una buona inerzia termica all’involucro, capace quindi di assorbire il calore durante il giorno e rilasciarlo solo nelle ore più fresche della notte.

La trasmittanza termica periodica è invece il parametro che definisce la capacità di un elemento, parete verticale o chiusura orizzontale, di sfasare e attenuare l’onda termica: con lo sfasamento si ottiene l’ingresso “ritardato” nell’abitazione dell’onda di calore rispetto al picco di temperatura esterna (si considera un buon valore uno sfasamento superiore alle 10 ore) mentre con l’attenuazione si ottiene la riduzione della quantità di calore in ingresso.

UN CASO STUDIO

L’Università degli Studi di Cagliari ha promosso una tesi di dottorato, pubblicata in seguito sulla rivista Klimahaus (Giugno 2015), finalizzata allo studio del comportamento termoigrometrico di un edificio in CLT (Cross Laminated Timber) realizzato in climi caldi. L’edificio di studio ha pianta quadrata di 10x10m, due piani fuori terra, tetto a due falde inclinate di 30 gradi. 

A fronte di un consumo annuo per il riscaldamento di 21 KWh/mqa è stata valutata l’influenza di vari elementi sul comportamento estivo. In merito alla trasmittanza delle chiusure opache verticali è stato dimostrato come un aumento dell’isolamento esterno comporta una riduzione del fabbisogno termico estivo del solo 1%. La ventilazione notturna, specialmente se passante, comporta invece una riduzione del consumo per il raffrescamento da 26,4 a 18,9 KW/mqa (pari circa al 28%). Analoga influenza, intorno al 30%, hanno la schermatura degli infissi e l’aumento della capacità termica areica (che migliora anche il comportamento invernale). Per quanto riguarda i carichi interni invece (produzione vapore, apparecchi elettrici, elettrodomestici, illuminazione) questi provocano un aumento considerevole del consumo per il raffrescamento che può arrivare anche a più del 100%.

Lo studio mostra come una combinazione mirata di questi accorgimenti porta ad una condizione di comfort estivo, definita come il non superamento nelle ore più calde del giorno di una temperatura interna di 26 °C.

Bioagriturismo: soggiorni di classe A

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A Cesiomaggiore, in provincia di Belluno, una vecchia e fatiscente casa di campagna in classe energetica G, per usare la dicitura ufficiale, anche se in realtà era molto più energivora da poter essere definita in classe Z, è stata ristrutturata e trasformata in agriturismo di classe A dai progettisti dello Studio Tecnotherm. La definizione non si riferisce solamente ai servizi assicurati agli ospiti, ma soprattutto al livello di prestazioni energetiche tanto che l’edificio si è guadagnato l’appellativo di Bioagriturismo.

EDIFICI IN CLASSE A: IL CASO DELLE RESIDENZE IN LEGNO A BOLOGNA

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IL PROGETTO DEL BIOAGRITURISMO

L’edificio del bioagriturismo, situato a fondo valle, è sovrastato dalle alte vette alpine innevate e si presenta come un'ordinaria struttura dalla pianta regolare con il tetto a doppio spiovente, il basamento in muratura e le pareti in legno massiccio. All’interno, distribuiti su tre livelli, trovano posto quattro camere da letto con i rispettivi bagni, una sala lettura, una sauna e un ristorante vegetariano e vegano.

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La struttura portante e la copertura sono in legno italiano multistrato. Ogni elemento dell’involucro è stato opportunamente coibentato e i nuovi infissi sono dotati di serramenti con vetro triplo. In questa zona, infatti, gli inverni sono molto freddi e le estati sono afose, quindi è necessario garantire un elevato grado di isolamento per assicurare un gradevole comfort degli ambienti abitati senza sprecare energia durante tutto l’anno.

L’impianto, che garantisce il riscaldamento, il raffrescamento e la produzione di acqua calda sanitaria, permette di avere un risparmio di energia primaria del 35%. Infatti, una pompa di calore ad aria permette di sfruttare sia l’energia solare indiretta presente nell’ambiente esterno sia l’energia prodotta dai pannelli fotovoltaici istallati sulla copertura senza combustioni e quindi senza generare emissioni di CO2 e di altri gas nocivi. Negli ambienti sono stati collocati una serie di ventilconvettori ultrasottili a installazione verticale o orizzontale a seconda delle esigenze. In questo modo è possibile riscaldare o raffreddare gli ambienti in maniera flessibile: l’impianto permette di isolare alcune stanze e non climatizzarle se non utilizzate.

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L'anagrafe delle opere incompiute in Italia

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Un proverbio dice “chi bene inizia è a metà dell’opera”, ma nel caso che l’opera sia incompiuta vorrà dire che la sua realizzazione è stata errata sin dall’inizio. È il caso delle opere incompiute disseminate in Italia che fino ad oggi, ottimisticamente, sono costate 4 miliardi di euro buttati letteralmente al vento, costi monetari ai  quali va aggiunto il danno per aver deturpato il paesaggio di coste, valli, skyline urbani e tanti altri luoghi.

OPERE A METÀ: 600 STRUTTURE MAI TERMINATE IN ITALIA

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Monitorare gli sprechi delle opere incompiute in Italia

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Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ha finalmente ricevuto la documentazione presentata da tutte le Regioni italiane, ha attuato una norma voluta dal governo Monti per stilare -per la prima volta- una vera e propria anagrafe delle opere incompiute. Il risultato è a dir poco sconvolgente visto che, nonostante l’elenco non sia completo, al momento nessuna regione è esente da questo problema. Ad oggi l’anagrafe delle opere incompiute ne riporta oltre seicento, alcune rimaste a metà, altre appena cominciate.

Il tour delle opere incompiute parte dall’estremo Nord Italia, in Valle D’Aosta, dove sono stati spesi 8,8 milioni di euro per il terminal dell’aeroporto Saint-Christophe, mai terminata e per la quale servono oltre 3 miliardi per completarla, senza stimare però i danni ed i furti di materiali che il cantiere dell’infrastruttura ha subito negli anni ad opera di ignoti vandali. Nella località del Verduno una struttura costata ad oggi 159 milioni di euro di cui resta solo lo scheletro fatto di pilastri: sarebbe dovuto essere un ospedale tra Bra e Alba, in una zona però ad elevato rischio di franosità che fece porre fine prematuramente al cantiere. Si passa per Emilia, Veneto, e poi Toscana dove spicca lo svincolo della Cassia di Monteroni D'Arbia, un cantiere aperto quattro anni fa, costato al momento 30 milioni, ma ancora incompiuto e senza previsioni di termine.

Non solo grandi opere 

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La mano della mala edilizia però colpisce non solo a grande scala. Ad esempio nel  Lazio la lista comprende opere incompiute per un valore di ben 261 milioni di euro: dalla palestra di Vico al museo naturalistico di Palombara Sabina. Tuttavia è strano che, nonostante conti tantissime opere incompiute nell’elenco, la capitale non venga citata: basti ricordare la città dello sport di Tor Vergata costata oltre 400 milioni di euro e mai completata dopo un cantiere durato sette anni.

Per la regione Veneto che potrebbe apparentemente sembrare ligia alle leggi, si segnalano diversi flop edili e infrastrutturali pubblici, dall'ampliamento della scuola materna del Comune di Montecchio Maggiore, con un costo di 1,3 milioni di euro, alla piscina di Cassola per un importo di 18 milioni.

Della Sardegna, fra le sue opere incompiute, va certamente ricordato l'orto botanico della Maddalena, costato “appena” 520 mila euro: un’inezia se messo a confronto con le opere sprecate per il famoso G8 del 2009 sempre alla Maddalena.

La Regione Campania sembrerebbe la più virtuosa d'Italia con solo due piccole opere incomplete: un palazzetto dello sport e quattro alloggi popolari nel Comune di Calvi Risorta, ma sicuramente l’elenco, come abbiamo già ribadito, non è del tutto veritiero, tanto è vero che non è riporta neppure la città di Napoli.

Puglia, Calabria e Sicilia vengono bacchettate ma nell’elenco, anche nel loro caso, ci sono delle sviste fra le quali la diga del Pappadai (territorio di Fragagano, Taranto, San Marzano e Grottaglie), con ben 70 milioni di euro spesi in trent'anni e non una goccia d'acqua raccolta e poi ancora il teatro di Sciacca (un progetto di 40 anni fa) che fino ad oggi è costato 25 milioni di euro ma che risulta inutilizzato.

Una mappatura incompiuta per opere incompiute

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La procedura prevista dal Ministero nel 2013, per il monitoraggio, ha previsto che le Amministrazioni dovessero occuparsi di segnalare le opere edili e le infrastrutture incompiute sul proprio territorio. Nelle circolari inviate alle Regioni si legge quanto segue:

Il 24 aprile 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 96 il Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 42 del 13 marzo 2013, recante le modalità di redazione dell'elenco-anagrafe delle opere pubbliche incompiute, di cui all'art. 44-bis del Decreto Legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214. L’art. 3, comma 1, del citato D.M. prevede che entro il 31 marzo di ogni anno le Stazioni Appaltanti, gli enti aggiudicatori e gli altri soggetti aggiudicatori trasmettano al Ministero ovvero alle Regioni e Province autonome tutte le informazioni e i dati richiesti secondo le modalità contemplate in seno alla stessa norma. La trasmissione da parte delle Amministrazioni dei dati relativi alle opere incompiute, dovrà avvenire attraverso le apposite procedure informatiche, quindi non tramite l’invio cartaceo dell’elenco delle opere incompiute, secondo le modalità indicate nel sito da trasmettere agli indirizzi PEC specificamente individuati dal MIT e dalle Regioni e Province autonome.

È evidente che la pecca non è del Ministero, che ha avuto tutte le buone intenzioni, ma dei ritardatari o di chi ha evitato di mandare le segnalazioni. La potremmo definire l'anagrafe incompiuta delle opere incompiute in Italia. 

La ristrutturazione in Salento che ha il sapore della tradizione

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Nel centro storico di Patù (Lecce), piccolo paesino del Salento situato a pochi chilometri da Santa Maria di Leuca, una porzione di un palazzo del XVII secolo, trascurato e abbandonato da alcuni anni, è stata oggetto di ristrutturazione e trasformata in una doppia abitazione estiva: una per i proprietari e una per i loro ospiti. L’architetto Luca Zanaroli ha saputo trasformare e valorizzare gli ambienti dalla tipica volta a stella in pietra di tufo in cui ancora oggi si respirano il sapore della tradizione e il profumo di una vita genuina e lenta.

RISTRUTTURARE IN PUGLIA: LA TABACCHERIA DIVENTA B&B

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IL PROGETTO DELLA RISTRUTTURAZIONE

Al fine di soddisfare le esigenze della committenza e separare i percorsi sono stati creati due ingressi indipendenti: l’antico accesso principale dalla corte è stato mantenuto e conduce alla porzione di casa padronale, mentre il portone dell’antica scuderia introduce alla zona giorno dedicata agli ospiti. Dove un tempo c’erano cavalli, selle e briglie ora si trovano un comodo e fresco soggiorno e una cucina, dove il lavello e il piano di lavoro sono stati ricavati dal vecchio abbeveratoio e dalla mangiatoia dei cavalli. 

Gli ambienti voltati dagli alti soffitti sono stati intonacati e tinteggiati a calce al fine di rendere le stanze più luminose e una di esse è stata soppalcata per poter ricavare un bagno e un guardaroba. I pavimenti del palazzo salentino in cementine decorate risalenti agli inizi del secolo scorso sono stati recuperati e risistemati: per colmare le lacune è stata utilizzata una malta di calce e cemento con un colore simile a quello della pietra originale. Le vecchie “chianche”, elementi in pietra calcarea pugliese, che pavimentavano la scuderia sono state smontate, pulite e riposizionate.

Inoltre, uno spazio esterno, un tempo adibito a recinto per gli animali e in contatto diretto con l’attuale zona giorno, è stato trasformato in giardino. È stato così possibile creare una cucina e un soggiorno all’aperto: un piano di lavoro in muratura e una zona pavimentata identificano questa porzione di giardino divisa dall’area trattata a verde da una vasca in blocchi di tufo recuperata in un mercatino. 

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Gli edifici dinamici di Ned Kahn: tra arte, scienza e architettura

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Trattare la pelle di un edificio come un’opera d’arte ideando facciate cinetiche ed allestimenti interattivi ad energia zero è possibile, lo dimostra l’artista americano Ned Kahn che da sempre fa confluire scienza e arte nelle sue opere. Il suo lavoro si basa sull’osservazione dei fenomeni fisici, prendendo ispirazione dalla natura e dal movimento dei fluidi, cercando costantemente di creare un’opera che interagisca con l’ambiente circostante e con gli spettatori.

In copertina: Brisbane Airport Domestic Terminal, Australia,foto di Urban Arts Project.

FACCIATE DINAMICHE: L'AEROPORTO DI BRISBANE

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“Le mie opere spesso incorporano acqua che scorre, nebbia, sabbia e la luce per creare sistemi complessi e in continua evoluzione. Molte di queste opere possono essere viste come "osservatori", nel senso che incorniciano ed esaltano la nostra percezione dei fenomeni naturali -dice l'artista, che continua- Sono incuriosito dal modo in cui diversi pattern possono emergere quando le cose scorrono. Questi modelli non sono oggetti statici, sono modelli di comportamento, temi in natura ricorrenti.”

Ned Kahn raccoglie e divide i suoi lavori in Nebbia, Acqua , Fuoco\Luce, Vento e Sabbia, a seconda del principio da lui utilizzato per creare l’installazione, opere che possono essere allestimenti urbani come intere facciate di edifici.

Ecco alcune delle tante installazioni dell’artista californiano.

CLOUD ARBOR (LA NEBBIA)

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Il Cloud Arbor, ideato nel 2012 in collaborazione con l’architetto Andi Cochran, è un’installazione permanente nel museo dei bambini di Pittsburgh. Una foresta stilizzata fatta di alti pali in acciaio inox contenenti nebulizzatori di acqua che a brevi periodi di tempo permettono di creare una nuvola che appare e scompare dissipandosi lentamente nell’aria e diradandosi tra questi arbusti fittizi, come la nebbia nella foresta. Adulti e bambini possono interagire giocando tra i tubi ed aspettando il momento in cui magicamente apparirà la nuvola, inoltre è un ottimo sistema di raffrescamento urbano nelle giornate più calde.

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SPOONFALL (L’ACQUA)

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Lo Spoonfall è una parete costituita da una griglia metallica nella quale sono integrati 200 cucchiaini da caffè, si trova nella hall dell’Hotel H2 a Healdsburg in California. I cucchiaini posizionati in orizzontale vengono fatti oscillare grazie al riutilizzo delle acque piovane provenienti dal sistema di raccolta in copertura. La caduta dell’acqua genera il movimento dei cucchiaini in parete e produce un suono rilassante simile alle goccioline di pioggia. Un sistema semplice riproducibile facilmente, e soprattutto efficiente per rendere l’ambiente di attesa dell’hotel accogliente ed incuriosire gli ospiti.

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FIREFLY (IL FUOCO E LA LUCE)

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Il Firefly in collaborazione con KMD Architecture è una installazione esterna in facciata realizzata nel 2012, commissionata dalla San Francisco Public Utilities Commission per la nuova sede amministrativa. Posta sulla facciata Nord dell’edificio, a coprire le turbine eoliche, la Firely è composta da un reticolo di migliaia di tessere di piccole dimensioni in policarbonato chiaro, incernierate su un unico lato e libere di muoversi con il vento. I moduli sono tenuti assieme tramite una maglia in acciaio che va ad agganciarsi alla struttura dell’edificio. In ogni trave orizzontale del sistema di supporto è presente un interruttore elettrico connesso al magnete presente in ciascun pannello, in questo modo il vento muove naturalmente gli elementi in policarbonato durante il giorno, generando un effetto simile alle increspature delle onde, mentre la mattina e la sera, tramite il magnete, si può aprire e illuminare momentaneamente con dei piccoli led di colore giallo-verde accompagnando il movimento dei pannelli con piccoli bagliori simili allo scintillio delle lucciole. L’illuminazione di questa opera richiede meno energia di una lampadina da 75watt, inoltre fruisce dell’energia prodotta dal sistema eolico integrato nell’edificio.

TECHNORAMA FACADE (IL VENTO)

caption: Wind Façade, Technorama Science Center, Winterthur, Switzerland, 2002. Foto: Technorama

Technorama Facade è una delle prime opere di Ned Kahn risalente al 2002. La facciata del centro di scienza Svizzero Technorama è pensata come una maglia metallica alla quale sono ancorati migliaia di piccoli tasselli di alluminio liberi di muoversi seguendo le diverse correnti d’aria. La facciata segue il vento plasmandosi in composizioni sempre diverse e riflettendo la luce. Il risultato è quello di una pelle estremamente flessibile e viva che richiama l’incresparsi dell’acqua sotto l’effetto della corrente. Oltre ad arricchire di valore artistico l’edificio, la facciata interessa anche la larga piazza del museo dalla quale è ben visibile.

Le Wind Fins appartengono ad un’opera più recente del 2012: Il Neiman Marcus Store in California. Il sistema di pannelli in alluminio spazzolato è integrato in facciata, dove vetrate continue definiscono il prospetto principale dell’edificio. I pannelli verticali sono costituiti da una serie di alette che si muovono indipendentemente l’una dall’altra rispetto al perno fisso costituito dal montante verticale della struttura di supporto. È un sistema di schermatura solare mobile, che si muove delicatamente sotto l’effetto del vento, riflettendo le luci ed i colori dell’intorno urbano, generando un gioco di colori e riflessioni in movimento.

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Nel 2006 Ned Kahn realizza le Wind Leaves per il Waterfront di Milwaukee davanti al museo di Arte. Sono delle sculture altissime composte da un pilastro metallico al quale si agganciano tramite dei cuscinetti a sfera delle superfici ricoperte da piccoli dischi in acciaio inossidabile che riflettono la luce del sole. Come delle grandi foglie si muovono e ruotano attorno al pilastro per effetto del vento. Ma gli spettatori possono interagire in modo diretto con la struttura grazie a delle manopole che gli consentono di ruotare queste grandi foglie al vento.

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 PEBBLE CHIME (LA SABBIA)

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Sempre nel Milwaukee Waterfront, l’artista realizza tra le Wind Leaves, una serie di oggetti i Pebble Chime. I visitatori possono giocare con l’allestimento che funziona in modo simile ad uno xilofono, sembra quasi una foglia del Wind Leaves caduta a terra, la superficie però è in alluminio forato e al suo interno sono disposti dei chiodi, i visitatori possono far cadere dei ciottoli all’interno della foglia, in tal modo i ciottoli rimbalzando tra i chiodi produrranno musica.

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I risultati del concorso Food & Wellness club

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Sono stati più di 1300 i professionisti da oltre 80 Paesi di tutto il mondo ad accogliere la sfida lanciata da YAC (Young Architects Competitions) in collaborazione con Marlegno s.r.l. per la progettazione di Food & Wellness club, un centro benessere in prossimità di F.I.C.O., il grande parco alimentare che aprirà a Bologna nel 2016.

L’edificio, dedicato alla cura del corpo, la meditazione ed il benessere, mira ad essere un’eccellenza architettonica internazionale, un luogo sostenibile e strettamente legato al tema del parco in cui si inserisce.

A decretare i progetti vincitori, tra i 276 presentati, una giuria composta da professionisti di rilievo internazionale come gli architetti Nicola Scaranaro (collaboratore di Foster + Partners dal 2005), Italo Rota (designer degli spazi interni del Musée d’Orsay) ed Edoardo Miles (esperto in materia di tutela paesistico ambientale), il professore Donald Bates (recentemente designato quale giurato per il premio Holcim Awards for Sustainable Construction), gli architetti Andrea Zamboni e Pier Giorgio Giannelli e l’ingegnere Angelo Luigi Marchetti.

Il montepremi, per un totale di 15 mila euro, di cui 8 mila per il primo classificato, è stato assegnato ai team che hanno saputo interpretare al meglio il tema proposto e ideato edifici in cui la luce, la sostenibilità, la cura della persona e l’esperienza sensoriale vissuta dal visitatore giocano un ruolo chiave.

I PROGETTI SUL PODIO

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Ad aggiudicarsi il primo premio del concorso Food & Wellness Club è stato il team VSC che, guidato dalla citazione di Nietzsche “There is more reason in your body than in your best wisdom”, ha esaltato l’interazione dell’edificio con la luce, elemento in grado di plasmare gli spazi e contribuire al benessere psico-fisico dei visitatori.

Al secondo posto si colloca il team ArchiStuff (prima immagine in alto) che rivisita il tipico design delle industrie produttive anni Settanta proponendo un gioco di volumi sospesi su un piano dedicato alle piscine, giochi d’acqua multi-sensoriali e docce aromatiche.

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Two Worlds è il progetto del team Floràn che si aggiudica il terzo premio per aver saputo interpretare, sviluppare e rendere evidente la tensione tra urbano e suburbano, agricolo e industriale.

LE MENZIONI

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Al contrario del team vincitore del terzo posto, il gruppo ODD Studio, a cui è andata la menzione Gold ha preferito ridurre il contrasto tra esterno ed interno, artificiale e naturale e proporre un edificio quasi evanescente, senza confini netti.

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L’altra menzione Gold va al gruppo MD2, che ha reso l’esperienza sensoriale dei visitatori il cuore del progetto. L’edificio è arricchito con materiali che evocano sensazioni percettive diverse (caldo, freddo, ruvido, compatto…) e conducono in un vero e proprio viaggio sensoriale, alla ricerca di se stessi.

Le altre menzioni d’onore vanno ai team: Fiore, A+B+C+M, ACD Studio, AI Studio, QuadratoBlu, Acqua_Terra, CTRL Studio, Bodega&Piedrafita, MP+RV, FPMG, con partecipanti da Austria, Grecia, Irlanda, Italia, Russia, Siria e Uruguay.

Ad aderire al concorso non solo progettisti e studenti, ma anche istituzioni accademiche e realtà imprenditoriali consolidate hanno patrocinato l’iniziativa: Università di Bologna Alma Mater Studiorum – Sede di Cesena, Universidad Nacional del Litoral di Santa Fe, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale dell’Università di Roma La Sapienza, Università di Melbourne, LAB Architecture Studio, Studio Italo Rota, Foster + Partners, l’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori della Provincia di Verona, ArchitettiBologna, l’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Bergamo, Forum P.A., Unindustria Bologna.

Cultura e innovazione al nuovo Waterfront di Venezia

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Le iniziative parallele portate dalla grande macchina Expo Milano 2015 hanno dato una bella spinta al progetto previsto per Marghera, che già da tempo era nel cassetto dell’amministrazione veneziana. L’esigenza di ridare un’identità al waterfront lagunare era da tempo sentita anche dal punto di vista morale e di riscatto di un’area in forte degrado che non è mai stata in grado di vestire al meglio il ruolo chiave che essa ha nei rapporti con Venezia.

PORTO MARGHERA E IL VEGA PARK PER RIQUALIFICARE IL WATERFRONT

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CHE COS’È IL VENICE WATERFRONT?

Il vasto progetto di rigenerazione urbana prevede il recupero dell’ex area industriale di Porto Marghera, nell’ottica di promuovere uno sviluppo più attento ai temi della sostenibilità e trasformare la non più comoda appendice industriale in un polmone nuovo capace di dare respiro ad una Venezia storica che rimane sempre più schiacciata dal peso dell’età, ma che è ancora capace di attrarre culturalmente tutto il mondo.

L’idea non è promuovere un progetto statico che si concluderà con la fine di Expo Milano 2015, ma mettere in moto una macchina capace di creare occasioni per un rilancio continuo che guarda ai prossimi vent’anni. Il lancio del progetto con la costruzione del padiglione collaterale “Aquae” è solo il punto di partenza al quale seguiranno delle fasi successive che nei prossimi cinque anni dovrebbero portare allo sviluppo di una serie di servizi a supporto dell’area.

Il tema chiave voluto fortemente dall’architetto Michele De Lucchi e dal paesaggista Andreas Kipar, progettisti dell’intervento, è basato su una “Green Tree Strategy” per la quale l’intervento rappresenta la chioma vitale di quell’albero che affonda nella città storica le proprie radici.

PADIGLIONE AQUAE

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Punto di partenza di questo processo è il padiglione polifunzionale “Aquae” che rappresenta il rilancio dell’area industriale con le eccellenze della ricerca e delle imprese, e la volontà di sottolineare l’importanza che il così detto oro blu ha per Venezia e per il resto del mondo, sia da un punto di vista concreto sia concettuale. L’idea è di creare un polo attrattivo culturale che possa diventare il punto di partenza di un processo che non si concluderà con l’Expo, ma che sarà capace di affermarsi con forza sul territorio.

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Il progetto di Venezia per l’Expo 2015 prova a reinventare l’idea di città tradizionale e lo fa in un’ottica che guarda alla sostenibilità attraverso la rigenerazione urbana ed il rilancio del territorio anche da un punto di vista culturale. Il padiglione, in questo contesto, diventa il catalizzatore di un’area nuova che ha voglia di cambiare e crescere, e che non rimane indifferente ai temi globali. Sicuramente un’opportunità che va sfruttata per tutto quello che mette in gioco, ma anche un’esperienza artistica capace di generare sensazioni e risvegliare la sensibilità umana davanti ai temi della sostenibilità e dello sfruttamento delle risorse, per provare a riscoprire un’attenzione in più su ciò che ci circonda. 

L’osservatorio delle nuvole. Lo studio della natura raffresca l’aria di Madrid

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Tra la vasta distesa di edifici a Madrid, vi è un particolare tetto dove si trovano delle “nuvole” gonfiabili. Situata sulla copertura di CasaDecor e disegnato da Carolina González Vives, il progetto “Osservatorio delle nuvole”, è il risultato di un’attenta ricerca compiuta sul microclima delle oasi naturali. Vives e il suo team hanno studiato un modo per poter raffrescare e purificare l’aria di uno spazio esterno con il minor consumo energetico possibile, sfruttando il principio dell’evaporazione ed esaminato i meccanismi spontanei e naturali delle oasi in aree geografiche aride, dove la giusta combinazione di ombra, vegetazione ed acqua raffredda l'aria.

LA FORESTA TROPICALE DELLA STAZIONE DI ATOCHA DI MADRID

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Il principio base dell’autosostentamento dell’oasi si basa essenzialmente sulla forte dispersione termica che s’innesta tra il giorno e la notte: l’evaporazione dell’acqua, durante il giorno, e la sua condensa, durante la notte, permette all’area di irrigarsi autonomamente grazie allo sfruttamento degli agenti atmosferici che si generano, favorendo la sussistenza della vegetazione.

A CasaDecor, per riprodurre questo principio, sono state utilizzate tre basse “nuvole” di plastica bianca, dove viene trattenuta l'aria densa e fresca. Gli altri elementi del terrazzo, comprese le forme e le superfici delle colline artificiali sono state geometricamente calcolate al fine di riprodurre condizioni fisiche organiche. Decorative, le nuvole sono più sostenibili e meno costose rispetto all’aria condizionata ed agiscono anche come divisori sottili che forniscono ombra.

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Questo “osservatorio atmosferico” vuole quindi trasformare un’isola di calore in un oasi fresca attraverso la creazione di nubi basse e di un sistema di vaporizzazione e creare un’opera architettonica che, grazie all’impego della corretta tecnologia, disegni uno spazio sociale, non domesticamente sfruttato e che mantiene, al contempo, l’identità originaria del luogo.

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L’ispirazione naturale si riscontra anche nella scelta compositiva: pochissimi elementi, costituiti da teli di plastica, servono ad enfatizzare la leggerezza dell’aria.Le nuvole hanno, inoltre, la funzione di ridurre al minimo necessario la presenza di mura perimetrali, che racchiuderebbero eccessivamente lo spazio. Con lo stesso fine, immagini stampate su specchi con differenti inclinazioni si incontrano e scontrano con le pareti più alte moltiplicando alle diverse scale la percezione del paesaggio. L’oasi naturale si traduce in uno spazio aperto divertente, con un bar ed un tappeto erboso artificiale contornato da piante in vaso, dirigendo gli occhi dello spettatore verso il magnifico skyline madrileno.

Un intervento di innovazione tecnologica, ma che possiede anche una valenza sociale, poiché favorisce le relazioni creando un habitat affascinante e attento al contesto in cui si colloca.

Orti urbani a Friburgo per la riqualificazione ecologica della città

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Non sarebbe bello camminare per le strade della propria città ed imbattersi improvvisamente in piccoli spazi coltivati in cui la raccolta non solo non è vietata ma addirittura viene incoraggiata?

In diversi quartieri di Friburgo opportunità simili sono diventate realtà dall’estate del 2011, anno in cui la città tedesca ai confini della Foresta Nera, da sempre molto sensibile al tema della sostenibilità, ha deciso di seguire l’esempio di numerosi paesi di tutto il mondo invadendo la città con orti urbani.

In copertina: foto da waldgarten-wiehre.de

Visita la città di Friburgo e i suoi orti urbani.

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Gli orti urbani e la salvaguardia dell’ambiente

Cibo e sostenibilità ambientale sono infatti strettamente connessi tra loro: basta pensare che un terzo delle emissioni totali delle attività umane sono causate dall’agricoltura e che il trasporto di merci e alimenti contribuisce in maniera significativa all’ emissione di CO2 nell’aria per capire come i sistemi di produzione e consumo alimentare hanno ripercussioni dirette su problematiche stringenti come inquinamento, deforestazioni e consumo di suolo e di risorse idriche.

Progetti volti all’auto-produzione e al consumo di prodotti locali rappresentano una risposta concreta delle comunità che vogliono dare il proprio contributo alla salvaguardia dell’ambiente.

Con questo scopo un gruppo in continua crescita di cittadini di Friburgo ha deciso di dare vita a quella che loro definiscono una vera e propria “riqualificazione ecologica della città” e di cui gli orti urbani rappresentano una delle maggiori iniziative. 

Gli altri benefici degli orti urbani

caption: foto da www.ttfreiburg.de

Ma quali sono i vantaggi di avere orti comunitari all’interno dei centri urbani

“Noi siamo ciò che mangiamo” asseriva il filosofo Feuerbach e frutta e ortaggi a chilometro zero, senza l’utilizzo di fertilizzanti ed antiparassitari, oltre a limitare i danni all’ambiente, hanno effetti benefici sulla salute che sono riconosciuti dai medici di tutto il mondo. In alcuni quartieri di Friburgo sono stati seminati prodotti locali quasi dimenticati come fave ed alcune varietà di pomodori: prodotti biologici a filiera corta che assecondano la stagionalità e mantengono inalterate proprietà organolettiche e principi nutritivi.

Gli orti urbani svolgono inoltre un importante ruolo sociale ed educativo. Si tratta infatti di un sistema basato sulla cooperazione sociale e il networking in cui persone appartenenti a diversi ceti sociali condividono tempo ed energie mentre differenti generazioni mettono a confronto i diversi livelli di esperienza nell’abito della semina e della cura dei prodotti della terra.

Infine il giardinaggio urbano può essere eseguito ovunque: un tetto piano, una parete, spazi incolti e aree industriali dismesse, senza considerare che ogni cittadino può praticarlo sul proprio balcone privato.

Il comune di Friburgo ora ha messo a disposizione dei abitanti ampie porzioni di terreno inutilizzato, ma l’Urbanes Gärtnern è iniziato tramite il rinverdimento di zone grigie all’interno dell’abitato, come le aree recintate intorno agli alberi, a dimostrazione di come siano sufficienti pochi “ingredienti”, primi fra tutti forza di volontà e fantasia.

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caption: foto da www.ttfreiburg.de

Le tecniche alla base del giardinaggio urbano

caption: foto da www.ttfreiburg.de

Alcuni orti sono stati realizzati in prossimità delle fermate dell’autobus, lungo le strade della città; abitanti e turisti spesso ingannano l’attesa visitandoli e chiedendo informazioni, i più curiosi aspettano addirittura la corsa successiva.

L’accesso ai giardini è libero ma, data la risposta positiva della popolazione, i responsabili del progetto riservano alcune particolari giornate (definite “open door garden”) per rispondere alle domande degli interessati e raccogliere eventuali nuove adesioni. Inoltre durante l’anno programmano eventi pubblici quali proiezioni di film, conferenze e workshop per illustrare in maniera più approfondita i principi e le tecniche di tale forma di giardinaggio.

In particolare viene introdotto il tema della permacultura ovvero un metodo di coltivazione in cui la progettazione dei terreni avviene secondo gli schemi e le relazioni presenti in natura consentendo una gestione etica della terra. Tramite un’imitazione quasi letterale degli ecosistemi, alberi da frutto, siepi e ortaggi sono posizionati per far sì che la produzione dell’uno diventi la nutrizione dell’altro in una disposizione tutt’altro che casuale. Il fine è quello di ottenere il massimo rendimento con poco lavoro e in maniera sostenibile: il terreno non deve essere arato, bensì deve essere mosso il meno possibile; non è contemplato l’uso dei pesticidi; non è prevista la sarchiatura; è vietata la concimazione “artificiale” a favore di letame e materiale organico: è per questo che in nessuno degli orti urbani di Friburgo manca il raccoglitore del compost.

caption: foto da www.ttfreiburg.de

Le domande più frequenti riguardano le tecniche utilizzate, ossia pacciamatura e letti rialzati.

Con la pacciamatura, il suolo viene ricoperto con materiale di origine organica portando numerosi benefici: miglioramento delle proprietà del terreno tramite la sostanze nutritive generate dalla formazione di humus; diminuzione dell’apporto idrico e mancata erosione del suolo in quanto il terreno rimane più umido; mancata formazione di erbe infestanti; protezione dagli agenti atmosferici ovvero dal gelo nei periodi freddi e dai raggi solari in quelli caldi.

La tecnica dei letti rialzati consiste nel porre le coltivazioni ad una quota più alta rispetto al terreno circostante e delimitandone l’area, meglio se con materiali naturali e riciclati (molto usati sono i pallet). In questo modo il terreno non viene calpestato (e quindi compattato) e di conseguenza non viene tolta aria alle radici; c’è un aumento della produttività: le piante possono essere posizionate più vicine tra loro non essendo necessario lo spazio per il passaggio; i letti rialzati tendono a riscaldarsi prima in primavera e restano produttivi per più tempo consentendo più lunghi periodi di coltivazione; infine c’è un migliore drenaggio grazie alla maggiore altezza rispetto al terreno dove ristagna l’acqua. 

Il gruppo Transition Town di Friburgo

caption: logo del movimento TT Freiburg e del gruppo Urbanes Gärtnern foto da www.ttfreiburg.de

In immagine: logo del movimento TT Freiburg e del gruppo Urbanes Gärtnern foto da www.ttfreiburg.de

Gli orti urbani sono un’iniziativa del Transition Town di Friburgo (TT Freiburg) un gruppo appartenente al movimento mondiale Tansition Town. TT Freiburg incoraggia i cittadini a lavorare attivamente per uno stile di vita sostenibile sia dal punto di vista ambientale che sociale. Lo scopo è quello di fare in modo che i propri bambini vivano in quartieri urbani multifunzionali e a clima neutrale, con un’elevata qualità della vita e basso consumo di risorse.

Partita in Inghilterra con due gruppi nel 2006 la “Città di Transizione” ha avuto adesioni sempre maggiori in tutto il mondo tanto che nel 2014 le comunità riconosciute ufficialmente erano più di 2000. Si tratta di gruppi indipendenti ma connessi tra loro in una fitta rete di relazioni, amicizie ed esperienze diverse ed è questo il punto di forza del movimento: perché se molte persone lo fanno, in molti posti e a piccoli passi, si possono ottenere grandi risultati.


Woodscraper: i grattacieli del futuro sono in legno

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Nel 1700 il termine “skyscraper” era riferito agli altissimi alberi maestri delle navi inglesi, ma dal XX secolo la parola viene comunemente utilizzata per indicare edifici altissimi, che “grattano il cielo”. L’immagine dell’edificio è la massima rappresentazione della città moderna: imponenti in tutta la loro altezza con una superficie apparentemente interminabile di “curtain wall”. Le forme esteriori sono, col passare degli anni, sempre più articolate e fantasiose ma la struttura portante rimane quella in acciaio e calcestruzzo che sosteneva i primi grattacieli statunitensi dei primi anni del ‘900.

BSKYB: L'EDIFICIO IN LEGNO PIÙ ALTO DEL REGNO UNITO È FIRMATO ARUP

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Tuttavia la riscoperta di uno dei materiali da costruzione più antichi e lo sviluppo tecnologico, con tecniche sempre più raffinate di lavorazione, sta modificando la consuetudine e fatto sì che nella lista dei materiali utilizzati per i grattacieli si inserisse anche il legno.

Woodscrapers: sperimentazioni

Dopo le prime sperimentazioni di qualche anno fa, come lo Stadthaus a Londra ed il Forté Apartments di Melbourne -che anche senza essere dei veri e propri grattacieli mantengono tuttora il primato di edifici con struttura in legno più alti del mondo- in diversi paesi è in programma la costruzione di numerosi woodscrapers, con uno sviluppo che superi i 30 piani: i più noti sono il grattacielo di Berg | C. F. Møller in collaborazione con gli architetti Dinell Johansson e il consulto di Tyréns, che hanno vinto il concorso HSB architectural competition, presentando il progetto di una torre di 34 piani a Stoccolma, e il grattacielo HoHo di 24 piani ad opera dei progettisti Rüdiger Lainer, che verrà costruito nell’ambito della riqualificazione della zona Seestadt Aspern, a Vienna.

Il Woodscraper di MGA per Baobab

L’ultimo ad essere presentato -puntando ovviamente al primato mondiale di altezza per un edificio in legno- sfiderà anche la Tour Eiffel ed è ad opera del team di MGA – Michael Green Architects, in collaborazione con lo studio DVVD, con sede a Parigi, finanziati da REI France, società di promozione e costruzione specializzata in costruzioni ecologiche.

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Nel 2012 l’architetto Michael Green ha presentato il suo progetto Tallwood, un edificio di 30 piani a Vancouver, costruito interamente in legno, accompagnando il progetto con una ricchissima e specifica documentazione di ricerca (The Case for Tall Wood Buildings), una sorta di manuale di istruzioni per la costruzione di edifici in legno stilato insieme all’ingegnere strutturista Eric Karsh. Dal punto di vista strutturale il grattacielo di Michael Green prevedeva una struttura a telaio, con travi LSL (Laminated Stranded Lumber), meglio conosciuti in Europa come Intrallam.

Il grattacielo farà parte di un complesso di 6 torri, denominato Baobab, presentato nell’ambito della Reinventer Paris Competition, un’iniziativa delle autorità locali per la ricerca di innovazione nel campo del design urbano e della sostenibilità, che possa dare nuovo respiro e rivitalizzare l’architettura parigina. Il progetto sarà al centro delle operazioni di rinnovo di Porte Maillot, una parte strategica della “grande Parigi” che collega il distretto finanziario con La Défense.

La struttura mista, per un totale di 35 piani, consiste in una serie di pannelli X-LAM, pilastri in legno e un core baricentrico, ospitante scale ed ascensori, anch’esso in legno; solamente alcune travi saranno in acciaio per fornire una resistenza addizionale e maggiore flessibilità alla spinta laterale del vento in facciata. In questo modo si potranno risparmiare circa 3700 tonnellate di anidride carbonica (CO2) rispetto ad una struttura tradizionale in cemento armato: l’equivalente di circa 2200 automobili in circolazione per un intero anno.

Dal punto di vista della sostenibilità sociale, propone un nuovo modello di mixité sociale con la combinazione di un mercato, social housing e alloggi per studenti, orti urbani, hub per auto elettriche e mezzi pubblici. Il progetto Baobab si propone pertanto di introdurre una nuova visione della città, trasformando il sito di costruzione in un ingresso alla città e proponendo un nuovo modello per la città del futuro.

Hotel ad Energia quasi Zero. Il programma UE per riqualificare gli alberghi

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Per raggiungere l’obiettivo della riduzione delle emissioni in atmosfera di gas serra, l’Unione Europea, in risposta alla direttiva europea 2010/31/EU, EPBD riguardante le prestazioni energetiche degli edifici, ha previsto il programma IIE (Intelligent Energy Europe Programme) che agirà su diversi settori, tra cui quello edile, causa dell’emissione del 36% di gas serra.

“Edifici ad Energia quasi Zero” (Nearly Zero Energy Buildings - nZEB), rientra tra le iniziative previste dall’UE per accelerare gli interventi di efficientamento energetico degli edifici. Tra gli edifici su cui intervenire, anche gli hotel, a cui è dedicata attenzione con il programma “Hotel ad Energia quasi Zero” (Nearly Zero Energy Hotels - neZEH) per la programmazione di interventi di ristrutturazione volti a ridurre il fabbisogno energetico delle strutture alberghiere (il programma ha come target strutture medio-piccole).

Dal lancio del progetto Nearly Zero Energy Hotels (neZEH), nel Maggio 2013 (il progetto ha durata triennale), i risultati riportati sono i seguenti:

  • Realizzazione di 10-14 progetti pilota dislocati in 7 diversi Paesi (Croazia, Grecia, Francia, Italia, Romania, Spagna, Svezia) che dimostrano la fattibilità e la sostenibilità, anche economica, del programma neZEH per le realtà alberghiere medio-piccole. Ai gestori degli hotel sarà fornito supporto tecnico da parte di esperti in grado di guidarli nel miglioramento delle prestazioni energetiche della struttura.
  • Creazione di una rete in grado di mettere in contatto gli albergatori con i fornitori di materiale edile e altro tipo di fornitura utile per la riqualificazione energetica delle strutture.
  • Predisposizione di uno strumento elettronico da fornire ai gestori di hotel per aiutarli a valutare l’efficienza energetica attuale della propria struttura e ad identificare le soluzioni più ottimali per trasformarla in un Hotel ad Energia Quasi Zero.
  • Diffusione dell’iniziativa tra oltre 15 mila strutture. Tutti gli alberghi interessati potranno avere accesso alle analisi e ai risultati del programma.

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Consapevole dell’importanza dell’efficientamento energetico, il Park Hotel Ermitage Hotel, con vista mare è un hotel in cui l’efficienza energetica (è alimentato ad energia solare) si sposano con un ambiente elegante e confortevole. 

Una scala vegetale per stimolare la creatività a lavoro

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Il designer Paul Cocksedge e lo studio di ingegneria Arup hanno lavorato insieme ad un progetto davvero particolare: una scala vivente, vegetale, da posizionare all’interno degli uffici per l'impresa creativa Ampersand a Londra, nel quartiere di Soho.

SCALE E SPAZIO: LA STAIR HOUSE DELLO STUDIO ONYX

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OBIETTIVI DELLA SCALA VEGETALE

Si tratta di una scala a chiocciola di quattro piani senza pilastro centrale, commissionata ai progettisti con l’obiettivo di aumentare la creatività e stimolare il dialogo fra i dipendenti ma anche la fantasia e l’immaginazione, portando la natura dentro l’edificio.

Afferma il designer: “È uno spazio unico, perché è possibile guardare l’atrio da tutti i piani. Stavamo cercando di pensare ad una scala che, messa in quella posizione, potesse completare l’edificio aggiungendo qualcosa in più”.

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GLI AMBIENTI IN UNA SCALA

Non è solo una scala che ospita fiori e piante, ma contiene diversi “ambienti” con differenti funzioni molto interessanti: al primo piano si può trovare una piccola biblioteca dove soffermarsi a sfogliare un libro, al piano intermedio un lampadario di Ingo Maurer, noto designer tedesco, suona con i suoi petali d’acciaio e, all’ultimo piano, ci si può preparare un ottimo tè circondati da piante aromatiche come la menta.

Il progettista spiega infatti: “Volevamo creare una scala che permettesse momenti in cui ci si può imbattere in qualcuno o avere una conversazione con qualcun altro con cui non avremmo mai avuto l’occasione di parlare se ci fossimo spostati in ascensore o con una scala tradizionale”.

Lungo i due corrimano sono disposte le piante che, insieme al legno chiaro dei gradini e della pavimentazione, danno un tocco di colore al bianco predominante negli uffici e creano un’atmosfera calda e rilassante. Secondo i progettisti era importante introdurre e valorizzare l’elemento naturale nel luogo di lavoro e, aggiungo, favorire una leggera e salutare attività fisica per contrastare la sedentaria attività lavorativa di un ufficio.

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Unicredit Pavilion: una struttura leggera in larice nel centro di Milano

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All’interno del nuovo quartiere Garibaldi-Porta Nuova, protagonista in questi anni di un vasto intervento di riqualificazione urbana ed architettonica, proprio in mezzo ai moderni palazzi Unicredit, ci si imbatte in un’architettura in grado di connettere piazza Gae Aulenti, il parco e le torri che lo circondano: è il nuovo Unicredit Pavilion, firmato dal Maestro Michele De Lucchi.

MILANO ED EXPO 2015: LA FORESTA DEL PADIGLIONE AUSTRIACO

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Concepito come un luogo di relazione e di cultura, il padiglione vuole essere uno spazio polifunzionale in grado di ospitare mostre, eventi e conferenze; un centro dove dialogo e condivisione diventano l’obiettivo delle iniziative che qui verranno organizzate. Serate, concerti e meetings, inoltre, potranno avere luogo contemporaneamente, grazie alla sapiente progettazione degli ambienti interni.

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“Si capisce subito che non è ne un condominio nè un edificio da uffici e si memorizza con la forza emozionale di un monumento, un simbolo tra la natura del parco e gli uomini dei grattacieli” (M. De Lucchi)

Scambi ed incontri aperti alla comunità che, secondo il progettista, “vengono generati da un seme che contiene il cuore della vita  e che cade sulla terra per poter radicarsi, crescere e vegetare;  un seme che è oggi un edificio di legno, al bordo di un grande parco cittadino.”  Affacciato verso le torri in vetro che lo circondano, il padiglione è sinonimo di sostenibilità e sensibilità verso la natura e l’ambiente; si presenta come un’architettura all’avanguardia contraddistinta da innovative soluzioni tecnico-costruttive attente alla valorizzazione delle risorse naturali ed al risparmio energetico.

Un seme, appunto, reso immediatamente riconoscibile grazie ad una leggera struttura in legno di larice arricchita dalla luminosità del vetro, che si integrano perfettamente generando così un’atmosfera armoniosa ed accogliente; un volume architettonico arrotondato che si pone in contrasto (ma anche perfettamente in sintonia) con le linee rigorose degli edifici circostanti. 

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Il padiglione si erge su tre livelli: al piano terra, innanzitutto, si trova un ampio auditorium che potrà accogliere fino a 700 posti, grazie alla versatilità dell’aula modulabile, che potrà essere suddivisa in ambienti più piccoli.

Percorrendo una scala elicoidale che nasce proprio dall’auditorium, si accede poi alla Passerella dell’Arte, dedicata alle esposizioni artistiche ed alle mostre temporanee; un percorso flessibile che potrà essere adoperato a supporto di altre attività ospitate all’interno della struttura attraverso la creazione di narrazioni visuali ed interattive.

Proseguendo verso il secondo livello, si giunge al Mini Tree, un nido d’infanzia a servizio dei dipendenti e non solo, che ospiterà fino a 60 bambini dai 3 ai 36 mesi; mentre al terzo piano è collocata la Greenhouse, un suggestivo open-space destinato ad accogliere conferenze ed eventi di business e caratterizzato da due “ali” apribili lunghe 12 metri e dotate di maxischermi, i quali permetteranno ai visitatori di seguire gli incontri anche dall’esterno.

Inaugurato pochi giorni fa, la serata inaugurativa del 28 Luglio ha dato inizio ad una lunga serie di eventi che proseguiranno anche dopo i mesi estivi e che vedranno la partecipazione di protagonisti nazionali ed internazionali.

La chiesa degli alberi: l’architettura religiosa è vegetale

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L’imprenditore Barry Cox, imprenditore e titolare di una società di giardinaggio specializzata nel ripiantare alberi vivi è il promotore di un progetto di una chiesa costituita interamente da alberi: la chiesa degli alberi.

Oggi, dopo quattro anni di intenso lavoro, ad Ohaupo, in Nuova Zelanda, è possibile ammirare la chiesa realizzata con soli alberi veri.

LA CATTEDRALE VEGETALE: LA VERSIONE VERDE DI NOTRE DAME

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LA SELEZIONE DELLE ESSENZE ARBOREE

La tree church (chiesa degli alberi) nasce come un’ispirazione dovuta a diverse passioni: il lavoro dell’imprenditore neozelandese nell'arboricoltura associato al suo interesse per l'architettura. La chiesa è una vera e propria opera d'arte verde vivente ma il risultato finale è stato frutto di approfondite ricerche che gli hanno consentito di selezionare la tipologia di arbusti con le migliori caratteristiche dal punto di vista della curvatura e della resistenza.

Per le pareti la scelta è ricaduta su un albero australiano, della specie Leptospermum macrocarpum, che ha foglie spesse e un colore simile alla pietra.

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Per il tetto, dove le piante si arrampicano attorno ad una trama di ferro, Cox ha scelto piante particolarmente flessibili: con il tempo i rami degli ontani diventeranno l'impalcatura stessa del tetto di questa speciale chiesa verde, mentre la scelta delle latifoglie permetterà il passaggio della luce attraverso il tetto anche in inverno.

L'altare della chiesa è stato realizzato con marmo proveniente dall'Italia, dove vivevano i suoi antenati e faceva già parte della chiesa di famiglia di Barry nella località di Shannon, in Nuova Zelanda.

La chiesa albero, o la chiesa foresta – questi i nomi con cui l’hanno denominata – può ospitare fino a un centinaio di persone e può ospitare anche eventi e cerimonie sacre. Anche la zona intorno alla chiesa è totalmente verde, grazie al prato che delimita la zona e alla vegetazione circostante.

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LE CATTEDRALI VEGETALI IN ITALIA

Non dimentichiamo che anche l'Italia ha la propria cattedrale verde. La prima Cattedrale Vegetale delle Alpi Orobie è stata inaugurata nel 2010. Voluta nel Parco delle Orobie Bergamasche, insieme ai Comuni di Oltre il Colle, Roncobello e Ardesio e con la partecipazione del Centro di Etica Ambientale di Bergamo, la struttura sorge, circondata da alberi, al centro di una silenziosa radura e si estende per 650 metri quadrati di superficie.

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Questo santuario verde non è adibito a luogo di culto ma è destinato ad ospitare eventi culturali, concerti, manifestazioni folkloristiche, oltre che a diventare base di partenza ed arrivo per i percorsi e i sentieri del Parco.

Fonte foto: chiesa italiana travelblog.it; fonte nuova zelanda: centrometeoitaliano.it

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