Quantcast
Channel: Architettura Ecosostenibile: bioarchitettura, design e sostenibilità
Viewing all 226 articles
Browse latest View live

Super Skyscrapers: nuova vita ai vecchi container

$
0
0

Affrontare la carenza di alloggi in regioni sovrappopolate, è stato questo il tema del recente concorso denominato SuperSkyScrapers svoltosi nella città di Mumbai, in India, che ha visto impiegati diversi studi d'architettura nell'elaborazione di un progetto che potesse rispondere a questa imminente necessità combinandola, contemporaneamente, con l'obiettivo di dare un contributo all'ambiente e garantire uno sviluppo sostenibile.

PERCHÉ COSTRUIRE EDIFICI CON I CONTAINER

{loadposition google1}

I VINCITORI DEL CONCORSO

Ad aver vinto il concorso internazionale circa queste idee per l'edilizia abitativa negli slum indiani è stato il progetto per un grattacielo di 32 piani dello Studio Ganti+associates che si sono aggiudicati il primato presentando un ambizioso progetto curato in ogni dettaglio con l'idea di riutilizzare i container navali nel campo dell'architettura. Tale progetto è stato giudicato come risultato di una profonda comprensione globale di tutte le componenti che entrano in gioco nel disegno di un progetto: comprensione del sito, rispetto della comunità e della propria cultura e soprattutto la sua necessità di garantire migliori condizioni di vita.

Dichiarato una proposta che giustamente affronta i temi della sostenibilità, del consumo energetico, dell'illuminazione e della ventilazione naturale, il progetto è stato giudicato vincente in quanto soluzione semplice e convincente per forma, configurazione e funzione. Nasce dunque così, da un principio compositivo apparentemente casuale, un vero e proprio organismo architettonico capace di toccare i temi del riciclo e della sostenibilità, nonché di bellezza ed eleganza.

super-skyscrapers-concorso-b

super-skyscrapers-concorso-c

super-skyscrapers-concorso-d

IL PROGETTO DEL GRATTACIELO DI CONTAINER

Proprio come nel gioco del tetris queste piccole unità elementari arrivano a combinarsi in modi continuamente differenti dando vita a nuovi organismi riciclati e sostenibili, non rinunciando ad esprimere un alto valore estetico.

Il punto di forza di tale proposta progettuale non è che la facilità con cui le cellule abitative possono combinarsi ed autoportarsi: questi corpi elementari presentano la caratteristica di poter essere impilati senza alcun sostegno fino ad un numero di 16 volte se vuoti, e 10 nel caso in cui siano riempiti. Al fine di rendere la struttura utilizzabile in ambito residenziale, la scelta progettuale è stata quella di erigere teli portanti collegati con travi d'acciaio ogni 8 piani, senza dunque  dover necessariamente adoperare grandi sostegni aggiuntivi.

Questo nuovo grattacielo presenta una struttura capace di elevarsi per oltre 100 metri, mostrando una grande flessibilità planimetrica per stratificazione orizzontale, ottenuta dal continuo diverso accostamento di queste unità elementari che vengono tagliate, conformate e combinate secondo necessità.

super-skyscrapers-concorso-e

ORGANIZZAZIONE DELLA CELLULA ABITATIVA

Nonostante i numerosi spazi ridotti, nati dalla combinazione di questi tasselli colorati della misura di 12mx2,6mx2,4, il progetto garantisce abitazioni confortevoli per famiglie fino a quattro componenti. Entrando nello specifico nell'analisi di una tipologia abitativa, i primi ambienti che si incontrano nel container d'ingresso sono una sala da pranzo ed un soggiorno, seguiti dalla seconda unità elementare capace di ospitare una camera da letto per due bambini, un bagno ed un piccolo studio. Il terzo ed ultimo container, invece, è l'ambiente destinato alla camera matrimoniale, un bagno ed una cucina.

super-skyscrapers-concorso-f

CRITERI DI SOSTENIBILITÀ

Tutto viene studiato nel dettaglio, nessun aspetto progettuale viene tralasciato e grande importanza viene riservata ai metodi sostenibili per garantire il massimo rendimento di questa macchina abitativa. Sistemi per il raffrescamento passivo garantiscono la possibilità di arieggiare la struttura e favorire la ventilazione naturale attraverso una serie di pianerottoli che si configurano come passaggi riparati da schermi forati in laterizio.

Infine, l'inserimento nel lato ovest di una serie di pannelli solari, affiancati alla sapiente tecnologia delle turbine eoliche presenti nel lato opposto, riescono a coprire tutti i consumi di questo grande organismo architettonico.

Anche se i container non sono più i nuovi protagonisti del riutilizzo nel campo dell'architettura, grazie alla facilità di creare un vero e proprio processo compositivo, il loro utilizzo nelle costruzioni  è ancora ampiamente diffuso. L’effettiva flessibilità del modulo unita ad un sistema a secco sempre più gettonato sono gli elementi chiave che ne hanno permesso il forte sviluppo negli ultimi anni. Sebbene anch’essi risentano particolarmente del processo mediatico, che li ha portati in breve tempo al successo e in altrettanto breve tempo ad essere quasi dimenticati, i diversi campi, in cui la loro applicazione è possibile, ha permesso a queste strutture di trovare spazio in quei contesti particolarmente difficili dal punto di vista delle risorse a disposizione.

In questo senso il progetto dello Studio Ganti+associates è riuscito a dare una risposta forte alle esigenze dell’abitare, non dimenticando mai l’importanza del contesto in cui si va ad operare e garantendo un risultato capace di dare risposta all’esigenza dell’abitare.


Quiz "Indovina l’architetto?"

$
0
0

Per tutti gli appassionati di quiz, info-grafica e architettura, proponiamo il divertente gioco ‘Indovina l’architetto?’ in cui 18 archi-star sono definite da pochi segni grafici e da un breve suggerimento. Non aspettatevi planimetrie o facciate di edifici famosi, perché bisogna associare i nomi dei grandi maestri del 20° secolo a volti, acconciature e accessori, alcuni divenuti tanto popolari da dettare mode. Chi sarà l’architetto dagli occhiali tondi, a chi appartengono le sopracciglia folte e il sigaro fumante?

Il gioco è stato pubblicato sul sito Fastcompany e fa parte del libro ‘Archi-Graphic’ con ben 60 info-grafiche legate al mondo architettonico (edit. Laurence King, pubblicazione Ottobre 2015). L’autore Frank Jacobus è professore associato presso la Scuola Jones Fay di Architettura nell'Università di Arkansas ed ha raccolto i dati con una dose di leggerezza e d’ironia.

Quiz arch 2

Quiz arch 3

Quiz arch 4

Quiz arch 5

Quiz arch 6

Quiz arch 7

Quiz arch 8

Quiz arch 9

Quiz arch 10

Del resto chi non si è mai incuriosito dell’aspetto dei grandi maestri o ha portato avanti tesi piuttosto insolite? Certo nessuno si è spinto alla definizione della mappa delle relazioni extraconiugali degli architetti… ma il lavoro di Jacobus nasce proprio in quella sottile linea che separa l’irriverente dall’irrilevante. Il tutto ovviamente illustrato con diagrammi dalla precisione chirurgica la cui sintesi visiva rivela la complessità dei dati reperiti e lo sforzo di rappresentarli efficacemente.

thumb Quiz arch 13

"Amo l'umorismo presente nel libro …", dice Jacobus, "c'è una tendenza a prendere le cose troppo sul serio in architettura. Stiamo cercando di rendere le cose con più leggerezza. Parte del mio interesse è nella visualizzazione dei dati e ho pensato questo fosse un ottimo modo per portare l'architettura ad un pubblico più vasto."

Jacobus ha lavorato con 20 studenti di architettura nella ricerca di dati e alla loro digitalizzazione. L'intero processo ha richiesto circa un anno e mezzo, ma senza dubbio sembra essere stato tra i più divertenti corsi di studio! L’impatto visivo di ogni diagramma mostra il potere indiscusso delle info-grafiche, non raggiungibile con le parole o semplici immagini.

Quiz arch 12

Alcuni grafici sono informativi e riflettano aspetti specifici dei grandi maestri come l’ossessione di Richard Meier per il bianco e le palette di colori preferiti dagli architetti del 20° secolo.

"Per me, il bianco è il colore più meraviglioso perché al suo interno si possono vedere tutti i colori dell'arcobaleno," spiega Meier nel suo discorso di accettazione del Premio Pritzker nel 1984. "Per me, infatti, è il colore che la luce naturale, riflette e intensifica la percezione di tutte le sfumature dell'arcobaleno, i colori che sono in costante evoluzione in natura, per il candore del bianco non è mai solo bianco; è quasi sempre trasformato da luce e da quello che sta cambiando; il cielo, le nuvole, il sole e la luna.

Quiz arch 11

Jacobus inoltre si chiede "che cosa succede quando si elimina forma dalla costruzione per concentrarsi esclusivamente sulla tavolozza dei colori dei materiali usati dagli architetti"? Nasce così l'info-grafica che schematizza i colori dei mattoni, metallo, legno, pietra, e di altri materiali usati da Louis Kahn, Barragan fino ad Aldo Rossi, definendo per ogni carriera una diversa ruota di colori.

thumb Quiz arch 14

Più convenzionale, invece, è la mappa di tutti i progetti di Le Corbusier divisi per ordine e posizione, mentre molto più irriverenti le mappe degli stili preferiti dai dittatori e le macabre statistiche che mettono in relazione le 10 sedi di suicidi più popolari e gli edifici crollati.

Nel libro si affrontano anche questioni più delicate come la disuguaglianza nella professione, tema indicato dallo stesso autore come tra i più significativi. In ‘Ladies and gents’ i grafici a torta mostrano come l’architettura sia ancora una disciplina prettamente maschile, malgrado un incremento delle quote femminili da zero nel 1857 al 17% nel 2013 (con i dati di registrazione all’American Institute of Architects). Nell’ ‘AIAn’t Ethnic’, gioco di parole tra l’AIA e il colloquiale ain’t (non essere) con un diagramma in stile suprematista si risponde alla questione: Qual è lo stato attuale di genere e la diversità etnica all'interno della professione? Il risultato è che il 72% dei professionisti registrati all'AIA sono di origine caucasica.

 Soluzioni al quiz 'Indovina l'architetto?':

  1. Frank Lloyd Wright / Toyo Ito
  2. E. Fay Jones / Mies Van Der Rohe
  3. Louis Kahn / Renzo Piano
  4. Le Corbusier / Frank Gehry
  5. Álvaro Siza / Zaha Hadid
  6. Rem Koolhaas / Moshe Safdie
  7. Bjarke Ingels / Alvar Aalto
  8. Shigeru Ban / Tadao Ando
  9. Jean Nouvel / Oscar Niemeyer

Un centro di accoglienza sostenibile per le donne vittime di violenza

$
0
0

Ci troviamo in Tanzania e precisamente a Moshi, nella regione del Kilimanjaro, tristemente famosa per i numerosi casi di violenza sulle donne che, purtroppo, non hanno gli strumenti giuridici e culturali per opporsi a questo stato di cose e non sono abbastanza tutelate dalla legge.

Qui opera l’organizzazione Kilimanjaro Women Information Exchange and Consultancy Organization (KWIECO), fondata nel 1987 per offrire un servizio di consulenza alle donne bisognose di risposte su questioni legali, economiche, sociali e di salute.

E’ proprio in questo contesto che, grazie al supporto della ONG Ukumbi e allo stanziamento di fondi del Ministero degli Affari Esteri finlandese, KWIECO ha affidato allo studio di architettura Hollmèn Reuter Sandman Architects la progettazione di una struttura comunitaria, un centro di accoglienza sostenibile per le donne che hanno subito violenze domestiche e hanno il diritto di vivere e studiare insieme ai propri bambini.

centro-accoglienza-donne-b

centro-accoglienza-donne-c

IL PROGETTO DEL CENTRO DI ACCOGLIENZA

La prima fase del progetto si è conclusa a maggio 2015 con il completamento di Shelter House, la parte dedicata agli alloggi; per la seconda fase, cioè la realizzazione di una scuola adiacente, Ukumbi e KWIECO stanno cercando di raccogliere fondi.

L’abitazione ecosostenibile abbraccia tre cortili esterni che favoriscono l’illuminazione naturale e la ventilazione degli ambienti. Le pareti, dentro cui sono inserite bottiglie di vetro attraverso le quali permea la luce naturale creando particolari effetti, sono ricavate dalla trasformazione dei rifiuti in materiali da costruzione. Tutti i passaggi sono coperti da portici realizzati in metallo, mentre le coperture sono rivestite con pannelli solari e fotovoltaici che forniscono acqua calda ed energia pulita a ogni abitazione.

I materiali sono stati reperiti sul posto, si sono scelti colori brillanti ed è stata rispettata la cultura locale per rendere il centro di accoglienza una casa allegra e confortevole, capace di ospitare venti donne con i loro bambini in modo sicuro, oltre agli uffici.

Si tratta di un progetto partecipato, che ha coinvolto le donne che hanno collaborato con gli architetti, aiutandoli a realizzare una casa in grado di soddifare le loro necessità e aumentare il loro senso di appartenenza al luogo.

centro-accoglienza-donne-d

Due edifici in uno: quando ristrutturare significa unire

$
0
0

Lo studio Delvendahl Martin Architects ha deciso di accogliere la sfida della ristrutturazione di due vecchi edifici vittoriani nel centro di Oxford, dando la possibilità ai proprietari di ripensare all’orientamento dei due tipiche "semi-detached houses" e poter disporre di ampie superfici ad ogni piano.

Il progetto, denominato dagli architetti “la bifamiliare”, si trova nel centro della città universitaria storica nel sud dell'Inghilterra. Planimetricamente l’abitazione si compone di 350 mq, in cui si può notare l’ampio soggiorno a pianta aperta: al piano primo si affaccia sia sulla strada principale tramite le tipiche bow windows, che sul giardino sul retro, dove è possibile osservare la parte posteriore della proprietà tramite ampie vetrate.

ristrutturazione-due-edifici-b

{loadposition google1}

ristrutturazione-due-edifici-c

ristrutturazione-due-edifici-d

SemiDetached Oxford DelvendahlMartinArchitects17

L’acceso contrasto materico tra pieni e vuoti, mattone e vetro, è ritmicamente riproposto, dissolvendo la vecchia simmetria dei due corpi, originariamente separati, dando l’impressione di un solo blocco. A collegare le due unità è la scala in legno, volutamente differenziata con una tinta scura dalle travi originali, unisce ai piani alti le camere da letto e l’ufficio e ai primi piani la cucina e soggiorno. I mattoni recuperati nelle demolizioni sono stati sapientemente conservati per ricreare il selciato che introduce alla casa dal giardino sul retro. Il seminterrato ospita corridoio, cucina e una zona pranzo, che può essere collegata al giardino posteriore aprendo l’ampia vetrata.

I telai in alluminio anodizzato, di ampia sezione, sono stati pensati per schermare l’interno della casa alle proprietà vicine confinanti, creando l’effetto di una terrazza sopraelevata. La distinzione tra i due edifici è stata mantenuta nel giardino, dove si può ancora vedere il muro originale. L’ampia vetrata sul retro, quasi una “architrave luminosa” è sostenute da due “piedritti” di mattoni, che si differenziano anche cromaticamente, dal resto dell’edificio. Questo dettaglio, unito agli arredi su misura, luci, maniglie e corrimano dichiaratamente in contrasto con l’epoca vittoriana è una precisa scelta stilistica. L’utilizzo di materiali contemporanei imprime una personalità al recupero, sovrapponendo allo scientifico ripristino delle strutture una doverosa distinzione dovuta alle nuove esigenze di oggi.

ristrutturazione-due-edfici-e

ristrutturazione-due-edifici-f

ristrutturazione-due-edifici-g

Il lookout delle Dolomiti ed il piano per 20 terrazze panoramiche

$
0
0

Unire Architettura e natura, facendo svanire il confine tra intervento e contesto, è lo scopo dello studio MESSNER Architects per il loro “Lookout”. Il Lookout, ovvero terrazza panoramica, è situato a 2.307 metri sul Monte Specie, nel cuore del parco naturale di Fanes-Senes-Braies nelle Dolomiti. La terrazza sul Monte Specie è il progetto pilota e funge da primo passo per i successivi interventi. Alla base del progetto c'è un piano generale di terrazze panoramiche, 20 complessivamente, di cui sette in Alto Adige.

L'obiettivo finale è di mettere in comunicazione tutte le nove aree delle Dolomiti, patrimonio mondiale dell’umanità.

{loadposition google1}

lookout-dolomiti-b

Il progetto ha inizio nel 2012, quando, la Fondazione Dolomiti UNESCO commissiona a Messner Architects e allo scultore Franz Messner il progetto architettonico, paesaggistico e grafico della realizzazione di punti panoramici con cui valorizzare il patrimonio naturale delle Dolomiti, al fine di incrementarne la popolarità.Visto il contesto altamente sensibile, l'idea principale è quella di creare una struttura strettamente legata al luogo: anzichè aggiungere corpi e masse al paesaggio, pensa di trasformare lo stesso tramite un ipotetico taglio nel terreno e il suo sollevamento.

Lo scopo rimane quello di unire natura e struttura, facendo svanire il confine tra intervento e contesto, ma lasciando al contempo un dialogo tra i due, grazie ad una nuova interpretazione della topografia. In modo particolare, questa idea si realizza in un involucro esterno, dalla forma ad anello su cui sono incisi i nomi delle cime visibili, realizzato in acciaio e riempito con terreno e sassi locali, ciò fa sì che il limite tra artefatto e contesto naturale venga quasi del tutto eliminato.

L’attenzione per il territorio e la diffusione della sua conoscenza sono ulteriormente promossi da alcune informazioni che il visitatore può leggere sul perimetro dell’involucro, relative al paesaggio e alla sua geologia. Mentre, al centro la struttura è dotata di una bussola di orientamento, dove sono indicate le cime visibili. 

lookout-dolomiti-c

I vari “terrazzi” panoramici assumono forme e dimensioni differenti, adattandosi pienamente alla morfologia del territorio in cui sono inserite. La Terrazza panoramica Monte Specie, in particolare, non è soltanto un belvedere nel parco naturale, ma vuole anche contribuire a sensibilizzare la popolazione sul tema Dolomiti e quindi rafforzare in modo sostenibile il senso di appartenenza e la responsabilità per la tutela del bene paesaggistico.

Il progetto è sicuramente il risultato della creazione di una struttura strettamente intrecciata con il contesto alpino, dove non vi è l’inserimento di corpi o masse esterne, privilegiando invece solo lievi modifiche del paesaggio. Un intervento che pone alla sua base una grande passione per il paesaggio, che grazie all’uso di materiali reperiti in loco affiancati da un attento studio topografico, permette di valorizzare ed enfatizzare la maestosità e l’importanza della catena montuosa dolomitica.

Lo studio di architettura galleggiante nei vecchi hangar per le barche

$
0
0

Lo studio di architettura 3xn ha deciso di trasferirsi in una dimora del tutto particolare: i vecchi hangar per le barche, sul canale di Copenaghen. Le grandi dimensioni delle strutture ha permesso ai progettisti di ospitare nel medesimo locale tutti i suoi collaboratori, fino a 150 persone, che nella vecchia sede dello studio, nel quartiere del centro storico di Copenaghen, Christianshavn, erano stati distribuiti in tre piani di un palazzo. L’ufficio galleggiante, di 2000 mq, nella zona di Holmen, permette di interagire simultaneamente tra i diversi componenti dello studio: sullo stesso livello, è possibile concentrare tutte le attività, tenendo monitorato lo sviluppo del progetto, creando una sezione per la fabbricazione di modelli e plastici.

L'UFFICIO GALLEGGIANTE IN LEGNO, CANNE E PAGLIA

{loadposition google1}

Lo storico capannone risale al 1800 e fu edificato per alloggiare e riparare imbarcazioni militari. Il piano della struttura degrada verso il canale, progettato perché le navi potessero agevolmente scivolare sul pelo dell’acqua. La facciata orientale, verso il canale è stata schermata attraverso grandi vetrate e porte che, insieme ai lucernari permettono l’ingresso della luce naturale nell’ambiente.

studio-galleggiante-3xn-b

studio-galleggiante-3xn-c

studio-galleggiante-3xn-d

studio-galleggiante-3xn-e

studio-galleggiante-3xn-f

studio-galleggiante-3xn-g

studio-galleggiante-3xn-h

studio-galleggiante-3xn-i

studio-galleggiante-3xn-l

La conservazione dell’edificio esterno, vincolato, ha permesso di mantenere un carattere originario. All’interno sono stati rimossi i divisori per realizzare la grande sala lavoro. Sono state create delle sale conferenza in vetro, “delle scatole dentro la scatola”, in modo che fosse possibile fare riunioni senza fermare il “flusso di lavoro” con barriere materiche più schermanti. Gli interni, che mostrano la struttura in legno, pareti bianche, scrivanie bianche e vetro, rivendicano il vero focus dell’ambiente: fotografie, rendering e modelli, il “prodotto” dello studio.

Kim Herforth Nielsen, il fondatore di 3XN, ritiene che tutti, dai progettisti fondatori fino all’ultimo degli stagisti, siano portatori di idee preziose per migliorare i progetti che escono dal suo studio e che ambiscono a migliorare la vita della società. Per questo ha voluto fortemente questo trasferimento, impegnandosi in un progetto open space che facilitasse la comunicazione; ha poi diviso i collaboratori in squadre, in modo che si creassero delle micro aree di lavoro. Tutti possono vedere tutti ed essere ispirati da ciò che stanno facendo gli altri. Stravolgendo la cultura gerarchica del lavoro a cui siamo abituati, tutti i partner che dirigono lo studio si siedono insieme al personale, condividendo le decisioni e i progetti. Ad oggi ci sono 80 persone che, ogni giorno, progettano, disegnano e comunicano. Uno spazio così flessibile ne può ospitare altrettante. 

Che dire..che invidia!

La casa intorno all’albero a Londra

$
0
0

A Londra in un tipico quartiere residenziale, nascosta dietro la cortina di case ottocentesche che si affacciano sulla via dall’aspetto austero e ordinato, sorge una costruzione insolita: un maestoso albero di sommacco è abbracciato da un basso e curvo edificio in legno. Si tratta dell’ampliamento dell’abitazione ottocentesca di un noto critico d’arte realizzato dallo studio di progettazione 6a Architecture all’interno del rigoglioso giardino della casa di famiglia.

L'ASILO INTORNO ALL'ALBERO CENTENARIO

{loadposition googlenicora}

IL PROGETTO DELLA CASA CHE ABBRACCIA L'ALBERO

La storia dell’edificio inizia nel 1830 quando vengono edificate le due case gemelle in mattoni che saranno poi unite negli anni ’70. Con il passare del tempo le esigenze della famiglia mutano e per permettere alla padrona di casa, che ormai si muove solo sulla sedia a rotelle, di passare il tempo con i propri cari e di fruire della zona giorno è stato realizzato l’ampliamento verso il giardino. I progettisti hanno ristudiato i collegamenti verticali, hanno realizzato una passerella in modo da mettere in comunicazione diretta soggiorno e cucina senza la necessità di percorre scale e hanno posizionato nel nuovo volume una camera da letto e un bagno.

casa-intorno-albero-londra-b

casa-intorno-albero-londra-c

L’ampliamento ha preso in considerazione la presenza di un albero ad alto fusto che è diventato l’elemento generatore del progetto. La facciata curva svolge un duplice compito: da un lato risolve il problema del mantenimento della pianta e dall’altro permette la creazione di un piccolo terrazzo leggermente rialzato rispetto al giardino. Ampie finestrature permettono inoltre di godere della vista del verde anche quando le temperature esterne sono rigide e non è possibile stare all’aperto.

Il volume aggiunto è interamente smontabile: fondazioni, struttura e rivestimenti sono in legno. Le pareti esterne sono rivestite con listelli di parquet rigenerato e opportunamente trattato, mentre gli interni sono in pannelli tinteggiati di colore bianco. Il risultato finale è una casa che si adatta alle esigenze della committenza senza sacrificare piante e fiori e che favorisce un rapporto diretto con il giardino.

Miglior padiglione dell'Expo 2015: il Regno Unito vince il premio della giuria

$
0
0

IN/ARCH, ANCE, CNAPPC, Federcostruzioni e OICE sotto il coordinamento di PPAN hanno lanciato il premio per “Le Architetture dei Padiglioni di Expo Milano 2015”, articolato in premio della giuria e premio del pubblico.

Sul sito è possibile votare il proprio padiglione preferito con un semplice click, tempo fino al 20 Ottobre 2015, l’esito sarà annunciato entro il 31 Ottobre. Ad oggi sembra essere in testa il Padiglione Italia progettato dallo studio Nemesi.

LA STORIA DELL'EXPO

{loadposition google1}

IL PREMIO DELLA GIURIA AL PADIGLIONE UK

Il premio della giuria, composta da Adolfo Guzzini (Presidente IN/ARCH), Claudio De Albertis (Presidente ANCE), Leopoldo Freyrie (Presidente CNAPPC), Rodolfo Girardi (Presidente Federcostruzioni), Alfredo Ingletti (Vice Presidente OICE), Gabriele Del Mese (Fondatore Arup Italia), Alessandro Cambi (SCAPE-Vincitore del Premio CNAPPC "Giovane Talento dell'Architettura Italiana 2014") e Maria Claudia Clemente (Labics), è stato svelato il 29 settembre ed è risultato vincitore il padiglione del Regno Unito, ritenuto il più attinente al tema di Expo 2015, sia per l’interdisciplinarietà che per il risultato architettonico. Menzioni di onore sono state assegnate ai Padiglioni del Brasile, Cile e Marocco, mentre i Cluster, fuori concorso, sono stati segnalati in quanto hanno dato possibilità anche ai Paesi meno abbienti di partecipare ad una esposizione così importante.

Ma quali sono stati i punti di forza del Padiglione britannico? Scopriamolo insieme

Padiglione UK: un grande alveare

Progettato dall’artista Wolfgang Buttress insieme a BDP e costruito da Stage One e Rise, “BE HIVE” il padiglione britannico per Expo Milano 2015 si ispira alla vita delle api, tema peraltro ricorrente anche in altri spazi espositivi, ad esempio nel padiglione della Germania

Perché le api sono un tema così ricorrente? Questi piccoli insetti svolgono un ruolo fondamentale nell’ecosistema in quanto impollinatori, permettono alle essenze arboree e alle erbe di riprodursi, pertanto giocano un ruolo chiave nella produzione globale di cibo. Inoltre, un aspetto interessante è il modo in cui collaborano tra di loro, ed è questo un altro tema ripreso più volte in Expo, l’importanza della collaborazione, ognuno di noi nel suo piccolo deve impegnarsi per il pianeta, solo così potremo rispondere alle grandi sfide mondiali a livello energetico ed alimentare.

Nel caso UK, è l’intero padiglione, sia nell’allestimento che nell’architettura, ad ispirarsi alla vita ed al mondo di questi piccoli insetti. Il visitatore si trova a vivere un’esperienza sensoriale con gli occhi di un’ape: si accede attraverso un percorso che ricorda un frutteto, con pareti microforate attraverso le quali, avvicinando gli occhi ai fori, sono visibili dei mini filmati che spiegano il lavoro delle api e la loro importanza a livello ambientale.

Si passa poi in un prato fiorito, dalle forme volutamente esagonali, in cui l’erba e le piante sono all’altezza della visuale umana, infine si giunge al grande alveare costituito da una struttura in acciaio a traliccio sorretta da pilastri.

Padiglione-regno-unito-expo2015-b

Padiglione-regno unito-expo2015-c1

Padiglione-regno-unito-expo2015-d

Salendo ed accedendo all’interno di questa struttura, ci si ritrova in un ambiente suggestivo. Il grande alveare è infatti collegato con un vero alveare monitorato dalla Nottingham Trent University, di notte il movimento delle api viene utilizzato per illuminare il padiglione. Il risultato è un fantastico gioco di luci che si accendono e si spengo a seconda della quantità di moto registrata a Nottingham.

Inoltre nel piano inferiore è possibile ascoltare il rumore di queste api grazie ad un allestimento composto da colonnine nelle quali si deve porre un bastoncino e tenerlo con la bocca, le vibrazioni si trasmettono così dal bastoncino alla bocca e permettono di sentire l’attività delle api monitorate in Gran Bretagna. 

Padiglione-regno-unito-expo2015-e

Padiglione-regno-unito-expo2015-f

{youtube}RM8IHnfnP54{/youtube}

Un aspetto notevole nell’architettura del padiglione è la possibilità di essere smontato e poter essere rimontato altrove una volta che l’Esposizione Universale del 2015 sarà finita.


Muri a secco in Italia e tecniche di realizzazione

$
0
0

Grazie all’utilizzo di pratiche tradizionali tramandate dalle maestranze di generazione in generazione, la campagna italiana presenta tutt'oggi alcuni aspetti che possono essere interpretati quali testimonianze del suo paesaggio originario. Un contributo, questo, che è stato determinante nel riuscire a tutelare e conservare il nostro grande patrimonio storico, culturale e naturale, e che ha imparato nel tempo non solo a non scontrarsi ma anche ad adattarsi alle più moderne tecniche costruttive spesso sbandierate quali necessarie ed indispensabili ai fini dell'evoluzione e del miglioramento del nostro paesaggio rurale. Il continuo ricorso alle piú antiche tecniche agricole e costruttive ha permesso in molti casi di mantenere intatto il nostro ambiente naturale, la sua bellezza e la sua ricchezza, dimostrando l'importanza che ha saper guardare al passato come fonte inesauribile di informazioni da cui attingere al fine di salvaguardare il nostro paesaggio e la ricchezza delle risorse naturali che lo rendono unico al mondo.

In copertina: Singolare vista dei terrazzamenti delle Cinque Terre (Liguria).

I MURETTI A SECCO ISPIRANO UNA CASA SEMI-IPOGEA

{loadposition google1}

Tra le tecniche costruttive del passato ancora oggi assai diffuse e facili da ritrovare in giro per le nostre campagne c'è la realizzazione di muretti a secco (di confine, di divisione, di sostegno). Una tecnica rintracciabile in quasi tutte le tradizioni culturali del passato e che può essere considerata quale primo tentativo di modificare l'ambiente per la realizzazione di un semplice riparo o delimitare una qualsiasi superficie. Tutte le grandi culture del passato hanno fatto ricorso ai muri a secco, dai Greci ai Romani alle altre popolazioni del bacino mediterraneo fino alle culture del'Europa continentale, dell'America Latina (soprattutto in Perù), della Cina.

Eppure ancora oggi l'importanza dei muri a secco viene spesso sottovalutata dimenticando inoltre che i vuoti presenti in essi rappresentano uno spazio vitale per molte specie animali (ragni, lumache, rettili, anfibi ecc…) e vegetali grazie alla presenza e all'alternanza di spazi caldi, freddi, umidi, aridi, soleggiati, ombreggiati. Non a caso si tratta di un argomento oggetto di dibattito tra chi come il FAI si occupa di tutela e conservazione dell’ambiente e del paesaggio e chi invece si fa sostenitore di tecniche di costruzione "moderne" la cui durata e capacitá di inserimento nel paesaggio sono di gran lunga minori a quelle dei muri a secco.

I muri a secco in Italia

In Italia è possibile identificare diverse tipologie di muri a secco non solo per l'utilizzo che se ne fa ma anche per la tecnica che si utilizza per realizzarli, spesso diversa da regione a regione. Ed ogni regione sta cercando a suo modo di salvaguardare questo grande patrimonio.

Il Regolamento per la Riqualificazione del Patrimonio Edilizio edito dalla Regione Liguria prescrive che “il ripristino dei muri di sostegno deve attuarsi senza utilizzo di malta ma con l’inserimento, ad opera ultimata, di una eventuale rete geosintetica di rinforzo non visibile, avendo l’accorgimento di convogliare opportunamente le acque meteoriche e di reimpiegare in modo opportuno le pietre pericolanti”.

Anche in Sardegna il Piano Paesaggistico Regionale prevede la tutela dei muri a secco esistenti; in Toscana non mancano i bandi per il loro recupero e in Sicilia il nuovo PSR 2014-2020 prevede finanziamenti a loro favore.

caption: Muri a secco in Istria.

caption: Muri a secco in Sardegna.

caption: Muri a secco in Sicilia.

caption: Muri a secco in Sicilia.

caption: Muri a secco per terrazzamenti su vigna in Toscana .

Il caso della Puglia

La Puglia è una delle regioni italiane in cui la diffusione delle costruzioni a secco ha dato vita a tipologie edilizie uniche (si pensi ad esempio ai famosissimi trulli) e in cui i muri a secco in particolare sono elemento caratterizzante del paesaggio rurale da centinaia e centinaia di anni: essi non solo hanno valenza storica – essendo utilizzati come linee di confine e traccia per delineare gli antichi sentieri – ma funzionano, ancora oggi, come elemento antropico in sintonia con il paesaggio agricolo, che salvaguarda le biospecie animali che del muretto si servono per le proprie funzioni vitali. Per non parlare poi della funzione di filtro dei muretti, per quanto riguarda lo scorrimento delle acque fra un terreno e un altro in caso di pioggia: l’acqua filtrando negli interstizi del muretto passa da zone di terreno a livelli più alti verso quelle a livelli più bassi distribuendosi lungo il cammino e lasciando appunto ai piedi del muretto tutta quella parte organica non filtrata che diventa humus utile alla rigenerazione del terreno stesso.

caption: Muro a secco pugliese (in Puglia la disposizione, il tipo di finitura e la dimensione delle pietre varia addirittura da zona a zona).

La Giunta della Regione Puglia, con la Deliberazione n.1544/2010, ha approvato le indicazioni tecniche per gli interventi di ripristino dei muretti a secco nelle aree naturali protette e nei siti Natura 2000, erogando anche dei contributi nel quinquennio dal 2007 al 2013 (azione 1, misura 216 del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013). Tra le ragioni che hanno spinto alla tutela e al ripristino di queste unicità del territorio pugliese vanno considerati i loro diversi aspetti ecologici, storici e paesaggistici.

Tra le raccomandazioni della Deliberazione vi era quella che prevedeva che i muretti fossero (e siano visto che la normativa in merito è ancora in vigore) in “uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito”, proprio a significare la loro funzione di elementi ecologici che contribuiscono non solo a scopi antropici ma contribuiscono a non intralciare la normale vita biologica dei terreni.

In merito alla loro funzione é stato anche specificato che con gli interventi di ripristino occorre impegnarsi a “rispettare l’originale tipologia costruttiva del muretto a secco senza apportare elementi estranei come reti, malta cementizia, ecc…”.

Le tecniche basilari per la realizzazione di muretti a secco

Prima cosa bisogna disporre le pietre una sull’altra assicurandone la necessaria stabilità, senza ricorrere a leganti (malta o cemento). In pratica, si inizia con lo scavare trincea di fondazione pari all’intera lunghezza del muro che si vuole realizzare, in modo da creare una base che deve essere realizzata rigorosamente sempre a secco con la stesse pietre. La posa delle prime pietre deve essere fatta su uno strato di terreno che deve risultare il più possibile compatto e solido. Infatti, come nelle costruzioni in cemento, la struttura e la solidità delle fondamenta determineranno la futura stabilità dell’opera.

Con l’impiego della mazzetta (avente la punta a piccone e i lati retrostanti squadrati e non stondati) si deve cercare regolarizzare le pietre da utilizzare squadrandole; in basso vengono collocate quelle di maggiori dimensioni,  e man mano che si sale quelle di dimensioni inferiori senza però ridursi ai sassi che invece costituiranno l’interstizio se si tratta per esempio dei muretti di confine pugliesi.

caption: A sinistra un muro a secco di confine con struttura rastremata, al centro un muro a secco con struttura non rastremata, a destra una tipica struttura a secco pugliese (detta pagghiaro) in cui il muro diventa elemento strutturale.

caption: Muro a secco con struttura a spina di pesce.

caption: Muro a secco con struttura tipo cordonato.

Non esistono delle regole standardizzate per la realizzazione di muretti a secco: ogni muretto, essendo un elemento che convive col paesaggio, va adattato alla zona interessata e che il più importante fattore che ne determina le caratteristiche quali esposizione, struttura, composizione e quant’altro è la mano del suo realizzatore. Tuttavia in genere i muri a secco di tutte le tipologie sono suddivisibili in quattro zone: base (o piede di fondazione), livello medioporzione rastremata superiore, coronamento (o cima).

I fattori che determinano l'importanza ecologica e per la biodiversità dei muri sono:

  1.  struttura iniziale
  2.  inclinazione ed esposizione
  3.  decomposizione
  4.  velocità di colonizzazione

Su questi fattori influiscono soprattutto: clima, apporto idrico, calore, luce, sostanze inquinanti.

Svantaggi dell’uso di cemento o altri additivi nella realizzazione dei muri a secco

I “maestri” dei muretti a secco sostengono che l’uso di tecniche alternative a quelle tradizionali (utilizzo di malta e/o cemento per ancorare le pietre o altro) e l’eliminazione totale o parziale delle opere preesistenti provoca la riduzione del valore paesaggistico del luogo ed è responsabile di pericolosi fenomeni di smottamento del terreno e della riduzione della fertilità del suolo con la conseguente necessità di ricorrere a tecniche di intervento non tradizionali nel primo caso e non naturali nel secondo innescando una catena dannosa dal punto di vista del paesaggio e della salute della popolazione.

I tradizionali muri a secco consentono al contrario di assicurare stabilità ai terreni e di tutelare l’elemento più prezioso del paesaggio rurale, il suolo, offrendo allo stesso tempo un ambiente tradizionalmente favorevole alla vita animale e vegetale.

Un muro a secco è un tesoro ed é fondamentale apprezzarne il valore per imparare a riconoscerli, a salvaguardarli e a replicarli nel rispetto della tradizione e dell'ambiente.

Costruzioni in scala reale con mattoncini Lego

$
0
0

I processi costruttivi dell’architettura contemporanea, evolvendosi, per ragioni di sostenibilità, tendono sempre più a industrializzare tecniche e procedure compositive per preservare al meglio l’ambiente e le risorse che in esso possiamo trovare. Il concetto di modulo, spesso esasperato, viene utilizzato per generare proporzioni equilibrate di edifici o di insiemi di edifici. Se ripensiamo all’architettura classica, ci riferiamo ad un solo ed unico modulo, il diametro della colonna. Oggi questo concetto, ampiamente rielaborato e modificato per necessità ed estro, può prendere varie forme e legarsi alle dimensioni di un mattone, di una balletta di paglia, di un container, di un tubo di cartone…

UN'ABITAZIONE CONCEPITA COME UNA COSTRUZIONE DI LEGO

{loadposition google1}

Un ragionamento un po’ più fanciullesco è stato fatto da alcune aziende che si sono messe a produrre mattoni di plastica che come i lego, uniti tramite incastri, possono formare strutture per interni ed esterni.

Questo strumento è come un giocattolo; proposti in forme e colori diversi, per meglio adattarsi alle esigenze, alle idee e alle abilità degli acquirenti, questi blocchi in polipropilene autoestinguente possono essere utilizzati con estrema facilità per costruire mobili, pareti, scaffali, banconi, intere stanze o strutture perfettamente funzionanti. I mattoncini infatti possono essere assemblati come tutti gli altri componenti modulari, ma in scala più ampia. L’unico limite di questi componenti sta nella dimensione dell’oggetto finale. La costruzione a questa scala non discrimina la semplicità compositiva, che rimane invariata; rimane da dire però, che il crollo di una parete di una decina di centimetri di altezza non è minimamente da paragonare a ciò che potrebbe provocare la caduta di una parete di tre metri.

lego-modulo-strutture-b

lego-modulo-strutture-c

La costruzione con questi blocchi non è particolarmente impegnativa o di difficile esecuzione; giustamente però, le domande di molti utenti riguardano la stabilità e alcuni problemi a essa connessi. Costruire una struttura con muri portanti significa seguire lo stesso iter per la costruzione di una classica muratura armata in laterizio, usando i cavedi preposti all’interno dei blocchi in plastica come alloggio di barre in acciaio che hanno il compito di legare al meglio il piede del muro con la sommità e aumentarne la stabilità strutturale. Come ultima prescrizione, vale la classica regola delle costruzioni con mattoni o simili; il corretto assemblaggio avviene coprendo la giunzione tra le teste dei blocchi della fila sottostante con un mattoncino.

Il cavedio del mattone in plastica, può essere utilizzato, in caso di assemblaggio di elementi di arredamento o partizioni interne, per l’inserimento di piccoli impianti, di modo da non dover più ricorrere alle tracciature.

lego-modulo-strutture-d

lego-modulo-strutture-e

Globalmente, l’idea di riproporre un elemento che fa parte della nostra infanzia, ma ad una scala più ampia, è decisamente da perorare. Questi blocchetti prefabbricati un giorno potrebbero aiutare a costruire moduli (pensiamo ai rifugi di emergenza) con una velocità ed una semplicità strabilianti riuscendo magari a coinvolgere più persone in quello che potrebbe diventare il gioco delle costruzioni modulari.

lego-modulo-strutture-f

Texture: un giardino temporaneo basato sul codice QR

$
0
0

In Belgio, a Courtrai il museo "Texture"necessitava di uno spazio pubblico per i visitatori e per i residenti del distretto di Overleie. In attesa di una rivalutazione completa dell’area, lo Studio Bastae i Wagon-landscaping hanno ridisegnato il parcheggio antistante incidendolo con un trapano secondo il codice QR (abbreviazione di Quick Response Code "risposta rapida") di accesso alle informazioni del museo.

I GIARDINI PIÙ BELLI IN UN UNICO PARCO

{loadposition googlestellacci}

texture-giardino-qr-b

texture-giardino-qr-c

Il Texture: un giardino temporaneo basato sul codice QR, caratterizzato da moduli neri disposti all’interno di uno schema quadrato, è infatti il nuovo codice a barre bidimensionale per memorizzare informazioni da leggere con uno smartphone o computer. Preso come spunto dai paesaggisti belgi, diventa il concept per un’installazione temporanea di gradevole effetto.  

texture-giardino-qr-d

texture-giardino-qr-e

Il museo interattivo ‘Texture’, aperto lo scorso autunno, rappresenta un omaggio alla valle del Lys, alla filatura e alla tessitura del lino. I progettisti NoArchitecten e Madoc hanno ampliato l’edificio originale del 1912 con una corona gialla sul tetto, cenno al Lys ‘"iume d'Oro", arteria storica dello sviluppo economico della regione. Lo spazio espositivo è stato diviso nella Sala Curiosità, della Lys e quella del Tesoro. La prima si trova al piano terra e permette al pubblico di sentire, vedere e gustare tutto ciò che riguarda il lino. Al primo piano si ripercorre le vicende del fiume e la corrispondente evoluzione dell’imprenditorialità, competenza e tecnologia nella regione. È una storia di fortune alterne, di lavoratori con gravi periodi di crisi, di pensatori e prevaricatori. Infine, nell’ultima stanza, sotto il tetto d’oro sono custoditi alcuni pezzi autentici, bellissimi pizzi e pregiati damaschi (popolari tra i nobili e borghesi).

texture-giardino-qr-f

texture-giardino-qr-g

Sulla base degli elementi presenti in loco, il progetto è stato realizzato in tempi molto brevi (cinque mesi per la progettazione e uno per la realizzazione) grazie all'aiuto dei residenti e dei paesaggisti. Come qualsiasi altro intervento partecipato, è diventato un evento sociale con le storie e gli aneddoti dei residenti che hanno ripercorso la storia del luogo e dell’industria del lino.

texture-giardino-qr-h

texture-giardino-qr-i

I moduli neri del codice, segnati con il gessetto sul foglio asfaltato, sono stati forati e divelti per la piantumazione delle graminacee. Divenuti i micro-spazi verdi nel labirinto temporaneo, sono stati occupati interamente da flessuosi e altissimi miscanti sinensis, mentre qua e là si trovano sedute rosse di varie altezze e panche di legno. L’effetto finale è un giardino ritagliato nell’asfalto con piante scapigliate dai bagliori argentei, i cui colori e l'aspetto informale ricordano i campi di lino.

texture-giardino-qr-l

texture-giardino-qr-m

Seppur temporaneo, rappresenta un nuovo spazio ludico per il distretto di Overleie e un forte incipit per la riconversione dell’area, in attesa del restyling totale. Non è certo una novità che giovani e residenti investano tanta energia per progetti di inverdimento di aree bitumate o degradate. Rimuovere porzioni di asfalto e asportare pezzi di parcheggio a vantaggio del verde sono divenute azioni popolarissime, addirittura coadiuvate da paesaggisti del calibro di Gilles Clément e da associazioni locali. Dall'altro canto, come per tanti altri interventi di rigenerazione urbana, pur nascendo come migliorativo è diventato oggetto di barbarie e noncuranza di alcuni. 

L'unità abitativa che rivisita in chiave moderna lo stile Art Nouveau

$
0
0

All’interno del quartiere residenziale Nieuw Leyden, a nord della città di Leida, nei Paesi Bassi, lo studio di architettura 24H Architecture ha progettato un’unità abitativa ecologica unica nel suo genere. Essendo la zona ad alta densità abitativa e, trattandosi di case a schiera, il problema più importante da affrontare era la luce. Da qui l’idea di massimizzare il guadagno solare e l’apporto di luce attraverso l’introduzione di un cortile centrale che sfonda l’abitazione e permette alla luce diurna di illuminare anche gli ambienti inferiori. Data la sua conformazione estetica, la corte è stata soprannominata “canyon”.

LA CASA PATIO IN UN ANGUSTO LOTTO DI BARCELLONA

{loadposition google1}

Non esistono tramezzi divisori: sono le pareti stesse del canyon a suddividere gli spazi interni, articolandosi in parti vetrate nella zona giorno, parti opache nella zona dei servizi igienici fino a cambiare forma inglobando la scala. Il contributo solare permette sia di avere ambienti riscaldati naturalmente, grazie alla costruzione di pareti altamente isolanti e di vetri a bassa emissione, sia di avere acqua calda tramite un sistema solare termico, riducendo quindi consumi e costi dell’energia.

canyon-house-a

canyon-house-c

canyon-house-f

canyon-house-g

I pavimenti interni ed esterni, le cornici delle porte e delle finestre, sono in bambù. Le pareti interne del canyon presentano un andamento sinuoso e un motivo decorativo intagliato molto elaborato, che riproduce la forma irregolare dei sassi di pietra. Stesso motivo, seppure a scala maggiore, caratterizza il parapetto della scala. A rendere unico questo progetto, oltre alla corte apprezzabile prevalentemente dall’interno, è senz’altro, la facciata. Il suo aspetto organico, fatto di linee curve e armoniose, interpreta in chiave moderna lo stile art nouveau.

canyon-house-e

canyon-house-d

canyon-house-h

canyon-house-i

canyon-house-l

Da un punto di vista formale, l’unità dell’organismo architettonico si esplica attraverso la leggibilità in facciata della sua struttura interna. Così come in questo caso, è la facciata che racconta l’anima della casa. La facciata è in Louro Gamela, un’essenza di legno dalle elevate prestazioni meccaniche e di durabilità, mentre le parti in acciaio Cor-Ten, rappresentano le proiezioni in facciata del canyon, quasi a voler comunicare, con le sue forme, il percorso della luce all’interno della casa.  

canyon-house-b

canyon-house-n

Tree Church: la chiesa vegetale è fatta di piante

$
0
0

Avete mai pensato ad un edificio fatto totalmente da piante? Esiste, non è una semplice capanna rudimentale, e si trova in Nuova Zelanda, una nazione in cui  la sensibilità green è sempre stata molto diffusa e radicata nella coscienza della popolazione. L'inusuale edificio in questione è una chiesa fatta di alberi e piante rampicanti, si trova a Ohaupo, al centro di un parco, ed è stata ribattezzata non a caso Tree Church.

OPERE VERDI: IL TUNNEL VEGETALE PER INNAMORATI

{loadposition google1}

tree-church-chiesa-b

tree-church-chiesa-c

La Tree Church, la chiesa vegetale, è interamente costituita da vegetazione che si sviluppa intorno ad una struttura in metallo, progettata a mo' di guida per rami e foglie. Questi si estendono e sviluppano secondo le superfici predefinite assumendo l'aspetto e la funzione di muri, copertura e passaggi.

Sono serviti ben quattro anni perché le piante crescessero e la coprissero completamente! La eco chiesa, la cui realizzazione é stata finanziata dall’imprenditore locale Barry Cox, è subito diventata meta di pellegrinaggio per fedeli e curiosi provenienti da tutti i paesi del Mondo, tanto che alcuni l’hanno già ribattezzata come la Lourdes dell’eco-sostenibilità. Forse un confronto po’ azzardato ma comunque molto suggestivo. Può ospitare fino a 100 fedeli ed è stata pensata da Cox durante i suoi numerosi viaggi in cui diverse sono state le chiese da lui visitate.  Il parco, che può essere visitato o affittato per cerimonie ed eventi, comprende anche un labirinto, splendidi giardini e una tensostruttura.

Per noi amanti dell'architettura green rappresenta invece un riuscito esempio di come sia possibile costruire edifici rispettando l’ambiente circostante e privilegiando "materiali" naturali. Al momento la chiesa vegetale resta un esempio unico al mondo, ma visto il successo che sta riscuotendo ci auguriamo che molto presto "edifici" simili vengano realizzati in tutto il mondo!

La casa in legno nascosta nella foresta

$
0
0

All’interno di una foresta, nelle vicinanze del torrente Ri d’Alyse che segna il confine tra Francia e Belgio, si trova, nascosta fra gli alberi, una piccola casa per le vacanze. È una costruzione ecologica, progettata dall’architetto Pierre Deru, dello studio di architettura AADD.

CASE nella foresta PER VIVERE IN STILE SCANDINAVO

{loadposition google1}

La volontà di allontanarsi dalla vita frenetica della città e rilassarsi a contatto con la natura, ha spinto una famiglia a comprare un terreno nella foresta di Viroinval e uno chalet. Quest’ultimo, tuttavia, in pessime condizioni, è stato ricostruito dall’architetto Pierre Deru che, con un budget modesto, ha dato vita ad una casa in legno dall'organismo che dialoga con l’ambiente circostante.

Pierre Deru ha progettato delle forme organiche, dinamiche, curve, che entrano in armonia con gli elementi naturali, utilizzando delle tecniche costruttive rispettose dell’ambiente, nessun impatto negativo sulla foresta.

casa-legno-foresta-b

casa-legno-foresta-c

La copertura ha una forma ogivale, aggettante per proteggere la facciata vetrata; all’interno presenta un motivo a losanghe o a “nido d’ape”, che si ispira alle famose opere di Philibert Delorme. L’intradosso, oltre ad avere una funzione strutturale, rappresenta una decorazione costante in tutti gli ambienti. Offre, altresì, la possibilità di personalizzare gli spazi, attraverso piccole mensole incastrate, dando vita a piccole librerie e porta oggetti.

casa-legno-foresta-d

casa-legno-foresta-e

casa-legno-foresta-f

All’interno, in continuità con l’ambiente esterno, è presente una scultura dallo stile africano; si tratta di un tronco d’albero scolpito che funge da scala. Un elemento particolare che attira molto l’attenzione dei bambini.

La casa è interamente in legno, con la facciata rivolta a sud completamente vetrata. I materiali sono tutti ecologici: legname certificato FSC, sughero, argilla, cellulosa e lana di legno. Quasi nulle le emissioni di CO2; una stufa a legna per il riscaldamento e la cottura dei cibi; in facciata due pannelli solari integrati a due boiler, riscaldano l’acqua sanitaria, e la depurazione è praticata mediante lagunaggio e compostaggio.

Olanda: la chiesa in legno riciclato

$
0
0

Nei Paesi Bassi, nella cittadina olandese di Elspeet è stata recentemente costruita la prima chiesa interamente realizzata in legno riciclato secondo la tradizione mennonita. 

CHIESA IN LEGNO:QUELLE DI CHILOÉ SONO PATRIMONIO UNESCO

{loadposition google1}

In linea con i principi mennoniti, infatti, il design dell’edificio ed i suoi ornamenti ed arredi interni sono volutamente semplici, poveri ed essenziali, così  come vuole la filosofia mennonita che vede nella povertà degli ambienti la dimensione ideale per entrare in contatto con Dio e concentrarsi solo sulla preghiera e lo stare insieme agli altri fedeli.

Gli ideatori del progetto, nonché i responsabili durante la fase esecutiva, sono stati i tecnici dello studio FARO. La eco-chiesa di Elspeet è un esempio di architettura pulita ed elegante, quasi essenziale, che vuole mimetizzarsi nel paesaggio circostante cercando di ridurre al minimo gli impatti ambientali. L'edificio infatti, salvo piccole finiture, è realizzato totalmente in legno naturale. L'interno è stato rifinito con pavimenti riciclati da materiali derivanti da un antico convento: provenienti da foreste che vengono rimboschite periodicamente, mentre la facciata anteriore è in rovere. Il materiale isolante utilizzato per coibentare le pareti dell’edificio è il lino.

chiesa-mennoniti-b

chiesa-mennoniti-c

Il riscaldamento è garantito grazie ad un sistema ad accumulo termico.

La chiesa di Elspeet ormai è meta non solo di fedeli ma anche di curiosi tanto da restare aperta 24 ore al giorno ed è adibita non solo a funzioni religiose ma anche ad eventi di altro tenore. Insomma un luogo ideale in cui pregare, e non solo, secondo natura!

chiesa-mennoniti-d

chiesa-mennoniti-e


Come realizzare un biolago: una piscina fitodepurata e balneabile

$
0
0

Esistono piscine che non hanno bisogno di cloro per depurarsi, ma di piante. Il cui fondale non è di un finto azzurro splendente e in cui, appoggiandosi ai bordi, non si incorre nel duro e freddo cemento. Sono le piscine bio, quelle fitodepurate, in grado di mantenere pulita l’acqua senza l’utilizzo di sostanze chimiche. Accade grazie al filtraggio biologico affidato a delle specifiche piante acquatiche (macrofite) che riescono a rimuovere la materia organica presente nell’acqua e sfruttarla per la propria crescita. Nell’articolo capiremo quali sono gli elementi che servono per realizzare un biolago e come costruirne uno.

COMPONENTI E FUNZIONAMENTO DI UNA PISCINA BIO

{loadposition google1}

Come quella inaugurata nell’estate del 2015 a Londra, nei pressi della stazione di Kings Cross, le piscine fitodepurate, chiamate anche biolaghi, possono essere utilizzate tutto l’anno e non sono soggette alle operazioni di manutenzioni tipiche delle piscine tradizionali (svuotamento o copertura nella stagione invernale) ma, accoppiata all’azione filtrante delle acque, richiedono una pulizia manuale per evitare l’eccessiva formazione di alghe.

ELEMENTI NECESSARI PER REALIZZARE UNA PISCINA FITODEPURATA

Per sapere come realizzare un biolago, o piscina fitodepurata, ci siamo affidati agli esperti di Rifare Casa, che ci hanno indicato i passi fondamentali da seguire e gli elementi che non possono mancare quando si sceglie di optare per un elemento più naturale anziché una piscina tradizionale.

Individuazione del luogo  e scavo

È importante scegliere accuratamente il luogo dove iniziare lo scavo. Questo deve essere quanto più possibile (almeno 8 metri) lontano da alberi e corpi fissi ombreggianti in modo da evitare sia che le foglie cadute si depositino sulla superficie del biolago, sia perché l’ombra rallenta e talvolta impedisce la crescita delle piante acquatiche a cui è affidato l’importante compito di depurare le acque del biolago.

Una volta individuato il luogo in cui realizzare la piscina fitodepurata, si può procedere con lo scavo. Non esistono forme da preferire ma suggeriamo che la biopiscina abbia una forma organica, morbida: una forma squadrata e spigolosa si adatta meno bene ad essere integrata nell’ambiente e non appare naturale. In ogni caso si consiglia che lo scavo abbia una profondità compresa tra uno e due metri e si estenda idealmente su una superficie di 100 mq.

realizzare-biolago-b

Le aree del biolago

Le piscine fitodepurate sono divise sempre in due sezioni: una dedicata alla balneazione entrambe coperte da un telo impermeabile che può essere nascosto sotto ghiaia o ciottoli.

  • L’area dedicata alla balneazione:  Qui le piante acquatiche non sono presenti affatto. In questa zona si completa l’ossigenazione dell’acqua.
  • L’area dedicata alle piante fitodepuranti:  l’area della fitodepurazione deve estendersi per una superficie pari a circa il 30% di quella della piscina e deve essere collocata preferibile più in alto dell’area per la balneazione. In questo modo l’acqua, scorrendo dalla zona della fitodepurazione verso la piscina, genera delle piccole cascate, che favoriscono l’ossigenazione dell’acqua.

È importante che, al confine con la zona balneabile, siano presenti anche delle aree spondali periferiche meno profonde che contribuiscano alla rigenerazione dell’acqua.

Completa l’impianto anche una pompa di ricircolo, indispensabile per il ricircolo dell’acqua all’interno di un circuito chiuso, eventuali sistemi per raccogliere le foglie in superficie ed altri accessori a seconda della preferenza dell’utilizzatore.

Lo spazio incompiuto diventa ufficio green: nuove frontiere del riuso

$
0
0

Lo Studio 120, collettivo di architetti vietnamiti, ha trasformato una casa mai completata, in un quartiere della città a sud-ovest di Hanoi, in uno spazio di vita e di lavoro. Su richiesta della società di consulenza e design Mein Garten, i progettisti hanno riprogettato l’edificio ponendo l’attenzione sull’efficienza energetica e sul riuso di materiali di recupero, in modo da ridurre sensibilmente i costi della ristrutturazione.

PROGETTI IN VIETNAM: I TETTI VERDI DI VO TRONG NGHIA

{loadposition google1}

La committenza è una società che si occupa di paesaggio e di orticoltura: per questo l’edificio  aveva l’obiettivo di diventare il manifesto di una filosofia aziendale, dando spazio alla natura.

hanoi-ufficio-green-b

hanoi-ufficio-green-c 

hanoi-ufficio-green-d 

hanoi-ufficio-green-e

Il progetto colpisce per l’abilità con cui sono stati creati spazi ibridi tra interno ed esterno e per aver riportato il verde in un quartiere densamente costruito.

L’ufficio mira a introdurre il concetto di riuso in ambito urbano, aprendo nuove prospettive all’incompiuto. Molte zone della città sono il prodotto dalla rapida espansione urbana che la crisi immobiliare e finanziaria ha tramutato in quartieri “fantasma”; qui come in altre parti del mondo, una pianificazione urbanistica erosiva e sregolata ha causato problemi sociali in termini di sicurezza e vivibilità. Invece di costruire ancora, ora si decide di riutilizzare le strutture grezze abbandonate, rivitalizzando zone che rischierebbero di essere dimenticate. Oltre ad essere un ufficio di rappresentanza, fornito di attrezzature e spazi adeguati, l’edificio ospita anche uno spazio per la progettazione e il lavoro creativo.

Parti delle pareti del vecchio manufatto sono state abbattute per evitare filtri tra interno ed esterno, costituendo percorsi che assomigliano a quelli di un giardino: acqua, terrazze, verande e camminamenti. Non sono stati trascurati nemmeno gli spazi per il relax, dove i dipendenti possano “ricaricare le batterie” per essere poi più attivi in ambito lavorativo.

hanoi-ufficio-green-f

hanoi-ufficio-green-g

Lo studio 120 ha pensato questo ambiente non solo come luogo di lavoro, ma come vero e proprio luogo di vita, dove la natura aiuta gli abitanti ad avere un comfort maggiore, gli spazi stimolino continuamente l’interazione tra le persone, e tra i lavoratori sia incentivata la produttività e allontanata la noia.

I progettisti hanno scelto pannelli di legno in facciata, a mo' di corazza, per ridurre l’impatto della pioggia sulle pareti bianche intonacate e su cui far crescere piante rampicanti. Il verde diventa un elemento della costruzione, come il legno e il mattone, permettendo una metamorfosi continua dell’edificio che ogni giorno assume diversi connotati. Il resto dei materiali usati, tentando di favorire più possibile la ventilazione naturale e l’ingresso di luce solare, sono stati scelti di riuso per ridurre, oltre ai costi di realizzo, anche gli sprechi nel corso della vita dell’edificio.

Quanti edifici abbandonati ci sono nelle nostre città? È pensabile dare loro una seconda possibilità?

hanoi-ufficio-green-h

hanoi-ufficio-green-i

Architettura swahili: la casa nella foresta che non abbatte gli alberi

$
0
0

In un’ottica fortemente rispettosa della natura nasce il progetto Red Pepper House, una casa immersa nella foresta realizzata dallo studio di architettura spagnolo URKO Sanchez Architects. È un esempio di architettura organica, che dialoga con la storia, la tradizionale architettura swahili e la natura dell’isola di Lamu, in Africa orientale.

In copertina: foto © Alberto Heras

La CASA per vacanze NASCOSTa NDELLA FORESTA

{loadposition google1}

L’architetto ha il compito di costruire una residenza privata (trasformata poi in hotel di lusso), ma è obbligato a rispettare delle richieste specifiche, dettate dal committente. Lo studio del sito, la necessità di soddisfare le richieste del cliente e il rispetto per l’ambiente, danno vita ad un progetto originale, un giusto mix tra tradizione architettonica swahili e modernità.

Il cliente, Fernando Torres, appassionato di architettura e grande amante della natura, desidera una proprietà che deve:

  • avere una dépendance privata;

  • essere su un unico livello;

  • avere spazi privati e zone più ampie di condivisione;

  • avere un impatto minimo sull’ambiente;

  • essere realizzato secondo tecniche e materiali locali.

La forma unica del progetto, deriva dalla volontà di salvaguardare la vegetazione presente e, quindi, di costruire solo nelle zone non occupate dagli alberi. Questa decisione ha permesso di avere un’alternanza di spazi aperti e chiusi, soleggiati e ombreggiati, tenuti uniti da una copertura continua.

Il progetto si sviluppa in lunghezza su un'area totale di 1500 metri quadri.

caption: © URKO Sanchez Architects

caption: © Alberto Heras

caption: © URKO Sanchez Architectscaption: © URKO Sanchez Architects

Le tecniche e i materiali locali

Il senso dello spazio, le tecniche costruttive e i materiali appartengono alla cultura swahili. La copertura è realizzata mediante l’utilizzo di un telaio in pali di legno di mangrovie, con sovrastante manto in makuti. Queste tipiche “tegole” keniote sono realizzate con foglie di palma di cocco intrecciate e legate tra di loro. Questo tetto tradizionale è utilizzato sia per coprire gli ambienti chiusi che la zona giorno, un enorme patio che ruota attorno a una grande seduta circolare in pietra, luogo progettato come spazio di condivisione e interazione.

Gli unici ambienti chiusi della casa sono le camere da letto, realizzate in pietra corallina e di forma cubica, sul modello delle case sparse presenti sulla costa di Lamu.

 caption: © URKO Sanchez Architects

 caption: © URKO Sanchez Architects

caption: © URKO Sanchez Architects

Accorgimenti ecofriendly 

 Al fine di garantire basse emissioni di carbonio e dato il clima soleggiato dell’isola, il progetto prevede due diversi dispositivi di raccolta di energia solare. Lo scaldacqua solare capta l’energia prodotta dai raggi del sole e la sfrutta per riscaldare l’acqua calda sanitaria, durante tutto il giorno. Le cellule fotovoltaiche garantiscono, invece, la produzione di energia elettrica. L’acqua giunge ai rubinetti e alle docce tramite una torre piezometrica, che sfrutta la gravità e funziona senza bisogno di un sistema di pompaggio.

Le finestre convogliano la brezza marina e i grandi spazi aperti assicurano la ventilazione trasversale. Il caratteristico tetto makuti protegge dal sole e permette di mantenere l'ambiente sottostante gradevolmente fresco nonostante le alte temperature esterne. La stessa funzione isolante è assolta dai muri in pietra corallina, tipici dell’architettura swahili.

Un albergo di lusso, ma con l’aspetto di una villa privata, che colpisce per la sua semplicità e adeguatezza.

caption: © Stevie Mann

caption: © URKO Sanchez Architects

caption: © Stevie Mann

La trasformazione di Rieselfeld, quartiere ecosostenibile di Friburgo

$
0
0

Il quartiere ecosostenibile Rieselfeld di Friburgo, in Germania, è il frutto di una sfida ecologista: coniugare la necessità dell’amministrazione comunale di nuove abitazioni con la lotta alla cementificazione da parte di associazioni naturaliste per preservare preziosi ecosistemi. Nascono così il quartiere più grande della città e la riserva naturale Freiburger Rieselfeld, 320 ettari totali di cui solo 70 edificati.

In copertina: foto da www.freiburg.de

FRIBURGO: LA RIQUALIFICAZIONE DEL QUARTIERE WEINGARTEN

{loadposition google1}

caption: foto © WMUD | Willie Miller Urban Design + Planning

Origini e storia del progetto del Rieselfeld

L’area prende il nome dai Reiselfelder ovvero gli impianti per la depurazione delle acque di scarico che hanno occupato la zona per circa un secolo, dal 1895. Adibiti al filtraggio delle acque reflue di tutta la città, gli impianti sono stati dismessi nel 1985 quando un più grande e complesso impianto di depurazione è entrato in funzione a circa 15 km da Friburgo.

L’area è resa edificabile negli anni ‘90 dopo che attente indagini sul sottosuolo avevano evidenziato circoscritti danni ambientali, risanati da un’attenta operazione di bonifica del terreno, ma anche la presenza di flora e fauna degne di protezione. In accordo con gli ambientalisti, le autorità comunali decidono di limitare l’edificazione a meno di un quarto della superficie totale, destinando la restante parte a parchi protetti.

caption: foto © Thomas Kunz

I lavori ad uno dei quartieri più sostenibili di Friburgo partono nel 1994 su progetto curato dalla stessa amministrazione comunale in collaborazione con l’impresa di servizi municipali KE LEG di Stoccarda ( “Gruppo Progetto Rieselfeld”). L’obiettivo è quello di creare un ambiente attivo, con diverse tipologie di edifici ed adatto a tutte le generazioni in cui un’adeguata larghezza delle strade e la presenza di spazi verdi ad ogni isolato fa da contraltare ad un’elevata densità edilizia, necessaria per ridurre al minimo il consumo di suolo.

caption: caption: a sinistra foto © Thomas Kunz, a destra foto © Ingo Schneider

Gli aspetti ecologici della pianificazione e la viabilità

Le linee guida dettate per la pianificazione hanno da subito evidenziato per il quartiere una politica edificatoria volta all’ecosostenibilità. L’orientamento degli edifici e le distanze minime imposte tra i fabbricati sono tali da garantire un’esposizione ottimale, evitando spiacevoli fenomeni di ombreggiamento. Le costruzioni sono tutte a basso consumo energetico, con un fabbisogno che non supera i 65 kWh/mq annui. L’impianto di riscaldamento di tutte le strutture deve essere necessariamente connesso alla centrale di teleriscaldamento di Weingarten così come obbligatorio è l’approvvigionamento di energia da fonti rinnovabili, in particolare fotovoltaico e pompe di calore.

Un efficiente impianto di depurazione garantisce inoltre il trattamento e recupero delle acque reflue e delle acque piovane.

La linea tramviaria, che attraversa il quartiere lungo la Rieselfeldallee (viale Rieselfeld), costituisce la spina dorsale dell’impianto a maglia ortogonale. Al centro di tale asse, in direzione nord-est, si estende il parco “Grünkeil”, un vero e proprio cuneo verde che penetra all’interno della città e in cui si sviluppano liceo, palestre, scuole elementari, centri di incontro e chiese. Lungo la Rieselfeldallee si trovano anche edifici residenziali: tipologie in linea e a blocco fino a 5 piani che, man mano che ci si sposta verso la periferia, lasciano spazio a case a schiera e abitazioni bifamiliari.

Per disincentivare l’uso delle automobili private e ridurre così le emissioni sono state adottate severe misure per la gestione del traffico, l'uso della bicicletta e dei mezzi pubblici. Lungo l’intera rete stradale vige l’obbligo di precedenza ai pedoni, ai ciclisti e al tram che collega il quartiere con il centro di Friburgo; il limite di velocità è pari a 30 km/h e alcune strade, riservate al gioco, sono totalmente chiuse al traffico; tutte le zone del quartiere inoltre, sono facilmente raggiungibili con i mezzi pubblici.

friburgo-rieselfeld-d

Una fitta trama di verde scandisce l’intero territorio comunale a diverse scale: i giardini dei vari isolati sono connessi tra di loro e con ampi parchi pubblici attraverso un’infrastruttura verde fatta di viali alberati.

Fiore all’occhiello del sistema è la riserva naturale nella zona ovest di Rieselfeld che, con i suoi 250 ettari, è una delle più grandi della Germania. Un preciso programma di manutenzione ne consente un costante mantenimento mentre nel corso degli anni è stato creato un sentiero naturalistico, per cittadini e turisti, con indicazioni sulla flora la fauna presenti. Lungo tale percorso, tra piante e siepi, sono ancora visibili i resti delle dighe e delle vasche prima utilizzate per la raccolta delle acque di scarico ed ora divenute habitat per erbe selvatiche come papavero, fiordaliso e camomilla. Campi per il pascolo si alternano a foreste umide ben conservate in cui si sono sviluppate specie di uccelli come il beccaccino, il piro piro e l’airone cenerino; anche le cicogne bianche hanno trovato nella riserva zone adatte per la riproduzione.

Un progetto “partecipato”

caption: foto da www.plannersweb.com

Il “Gruppo Progetto Rieselfeld” ha sempre cercato di interagire attivamente con i cittadini promuovendo costantemente la partecipazione della comunità nella progettazione degli sazi urbani; seguendo il principio “più attività, meno amministrazione” hanno anteposto il benessere della comunità agli interessi individuali, cercando comunque di imporsi sul mercato immobiliare di Friburgo. Numerose famiglie ed anziani hanno deciso di trasferirsi a Rieselfeld e tale riscontro positivo ha permesso all’amministrazione di perseguire nuovi obiettivi di sviluppo urbano e politiche ambientali sostenibili.

caption: foto di Fotomaag, via Panoramio

Numerosi gruppi si sono costituiti per promuovere la vita sociale all’interno del quartiere, prime fra tutte l’Associazione K.I.O.S.K. e.V. che ha reso possibile nel 2003 l’inaugurazione del centro d’incontro “Glashaus” (casa di vetro) con annessa la mediateca ed il caffè letterario.

Nel loro motto, “perché la costruzione di un distretto non può essere fatta solo con le pietre!”, è racchiuso un principio fondamentale a cui tutte le città dovrebbero ispirarsi: non sono gli edifici che rendono tale una città, ma gli uomini e le donne che la abitano e i bambini che ne animano le strade, perché l’architettura senza le persone sarebbe solo un contenitore vuoto.

Accessibilità universale delle costruzioni: progettare per le disabilità

$
0
0

L’architettura deve necessariamente tenere in considerazione le esigenze di utenti che non possiedono, o possiedono solo in parte, le abilità necessarie alla fruizione completa e sicura dell’organismo edilizio. Analizziamo quindi i riferimenti normativi per l'accessibilità delle costruzioni, e dei progetti che dimostrano che è possibile garantire la fruibilità delle opere ai disabili senza rinunciare al valore architettonico dell'opera. 

In copertina: rampe a Venezia.

PASSERELLE IN LEGNO PER LA FRUIBILITÀ DELLA COSTA

{loadposition google1}

Riferimenti legislativi per l'accessibilità delle costruzioni

La legislazione italiana regola l’accessibilità delle costruzioni mediante il D.M.236/89 che stabilisce in modo preciso alcuni parametri. Il decreto infatti distingue le costruzioni in tre categorie di fruibilità:

  1. Accessibilità. Con "accessibilità" si intende la possibilità per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruire di spazi ed attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia.
  2. Visitabilità. Con questa seconda categoria, la visitabilità, il legislatore intende la possibilità, anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di accedere agli spazi di relazione e ad almeno un servizio igienico di ogni unità immobiliare. In altre parole, la persona può accedere in maniera limitata alla struttura, ma comunque le consente ogni tipo di relazione fondamentale.
  3. Adattabilità. Per adattabilità si intende la possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito, intervenendo senza costi eccessivi, per rendere completamente e agevolmente fruibile lo stabile o una parte di esso anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.

Esempi di buona progettazione

caption: Il “Padiglione Infanzia” progettato da Esaù Costa Perez, Milano.

Per le nuove costruzioni, oltre a queste caratteristiche normate per legge, si parla oggi sempre più di accessibilità universale. Per accessibilità universale si intende l’accessibilità di un edificio da parte di tutte gli utenti indistintamente, senza relegare la funzione di “superamento della barriera architettonica” a espedienti costruttivi o impiantistici che tendono ad “ospedalizzare” l’edificio, discriminando le diverse tipologie di utenti.

Facile da capire è che una rampa ben progettata è fruibile sia da persona con normale mobilità che da persona disabile mentre una scala corredata di montascale laterale risulta scomoda per il disabile, costosa in termini impiantistici e non soddisfacente dal punto di vista estetico.

caption: passerelle pedonali nei Mercati Traianei dello studio Nemesi, Roma.

Alcuni esempi di buona progettazione in tal senso possono essere riscontrati nel “Padiglione Infanzia”, progettato a Milano dallo studio spagnolo Esaù Costa Perez (2014) o nel sagrato della chiesa della Parrocchia della Madonna di Fatima a Torino dell’architetto Andrea Bella.

Per quanto riguarda i luoghi storici e di interesse monumentale esistono validi esempi di progettazione come le passerelle pedonali progettate ai Mercati Traianei a Roma tra il 1999 e il 2001 dallo studio Nemesi o l’organizzazione dei percorsi museali presso il duomo di Aquileia.

Non una sola disabilità

La buona progettazione e la corretta messa in opera deve inoltre tenere in considerazione tutte le disabilità, o almeno il maggior numero possibile. Comunemente infatti siamo abituati a pensare solo alla disabilità motoria di chi non può percorrere le scale e ai relativi presidi che risolvono il problema.

Le disabilità però sono molte e diverse: per esempio la disabilità uditiva o visiva, non necessariamente si parla di cecità completa, può rendere difficoltosa la fruizione di luoghi pubblici invece agevoli per il disabile motorio. Si pensi per esempio a luoghi con scarsa illuminazione, con percorsi poco segnalati o con sporgenze o dislivelli non evidenti dal punto di vista visivo.

Anche nei musei o in particolari esposizioni spesso si ricreano, per creare effetti suggestivi, locali bui o con proiezioni video o specchi talvolta disorientanti già per un utenza visivamente normodotata.

caption: Padiglione Italia a Expo 2015, Milano.

caption: ponte su un canale di Venezia.

Una progettazione che tenga conto di tutto ciò è quindi da auspicare per ogni nuova costruzione, specialmente pubblica o di fruizione collettiva. 

Viewing all 226 articles
Browse latest View live




Latest Images